Mario, un giornalista italiano a Toronto

In Canada, dove la riuscita mescolanza di etnie per Mario è diventato stimolo per una mescolanza di cibi e ricette. Quando è l’esigenza di lavorare in condizioni dignitose a spingere a lasciare il proprio paese, il senso di amarezza è ancora più profondo. Qualcosa che dovrebbe essere un diritto diventa invece un optional che induce, in particolare i giovani, a emigrare. E questo è qualcosa che assomiglia molto a un crimine. È un po’ quello che ha spinto Mario Cagnetta, pochi anni fa, a varcare l’Oceano per tentare l’avventura canadese. Ciò che colpisce, nelle sue parole, è il rispetto e l’amore profondo che continua a provare per l’Italia. Un amore che verrebbe da definire paradossale. Ne parliamo con lui, giornalista con la passione per la cucina.

Ciao Mario. Dall’Italia al Canada. La spinta è stata il lavoro, ma altrimenti saresti rimasto in Italia?

”La voglia di lavorare, di essere indipendente dalla mia famiglia, che aveva fatto sacrifici per farmi studiare, mi ha spinto all’estero. Francamente non avrei mai pensato al Canada, ma quando è arrivata questa possibilità di lavorare al Corriere Canadese non ho esitato nemmeno un secondo. L’Italia è un grande Paese ma lavorare lì come giornalista è diventato praticamente impossibile”.

Pensavi già al Canada in particolare quando hai deciso di mandare all’estero il tuo curriculum?

”Ho mandato il mio curriculum a tutti i giornali italiani all’estero dicendo a me stesso: ‘Se non riesci a segnare a porta vuota, prova a segnare da metà campo’. In Italia avevo mandato centinaia se non migliaia di curriculum senza ricevere risposte concrete. Tanti colloqui che si concludevano con il classico ‘le faremo sapere’. Da anni collaboravo per un giornale ma ero il classico dipendente non regolarizzato e sfruttato. Insomma di rabbia ne avevo tanta…’.

Mario Cagnetta, giornalista

Quali aspettative avevi rispetto a questo paese? E sono state soddisfatte o addirittura superate?

”Le aspettative erano tante e ancora non sono state soddisfatte tutte. Credo di essere ancora giovane e quindi di essere ancora agli inizi nonostante faccia questo lavoro da parecchi anni ormai”.

Hai avuto difficoltà particolari nell’ambientarti?

”Nessuna in particolare. Qui la gente è molto amichevole e poi ci sono tantissimi italiani pronti ad aiutarti. Essere italiano è un vantaggio certe volte. I nordamericani adorano il nostro Paese e anche gli italocanadesi hanno una sorta di venerazione. Questa è la cosa che più mi ha colpito di queste persone: gente che tanti anni fa è partita senza una meta e che ora ama l’Italia più degli stessi italiani. Parlano il dialetto e conservano spesso un’immagine del nostro Paese che apparteneva a circa 40 anni fa. Ma guai a portagliela via”.

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Quali sono gli aspetti di questo paese che maggiormente ti hanno colpito?

”Il multiculturalismo che funziona. Sento primi ministri di governi europei, come Cameron o la Merkel, parlare di fallimento. Vengano qui in Canada a vedere come tante comunità possano convivere insieme e arricchirsi l’una con l’altra. Qui il diverso è una risorsa, non è un pericolo. Lo si vede in tutto, non soltanto nella cucina. Le culture diverse allargano i confini. Di questo avrebbe bisogno anche l’Italia invece di chiudersi dietro a slogan stupidi per non dire razzisti”.

Spazi immensi e natura spettacolare: ci sono posti che consideri imperdibili?

”Questo è uno dei miti da sfatare del Canada. È vero, gli spazi immensi ci sono e anche la natura non è male… Ma l’inquinamento è una piaga di questo Paese. Io vivo a Toronto dove c’è il Lago Ontario: beh questo Lago non è balneabile per colpa di tutti gli scarichi tossici che hanno versato nell’acqua in questi anni. Non è oro tutto quello che luccica e loro sono molto bravi a far luccicare l’oro e a nascondere quello che non si deve sapere”.

Nel tuo lavoro se dovessi dire quali differenze hai riscontrato tra Italia e Canada cosa sottolineeresti?

”La stampa qui è molto più libera e la gente legge molto di più. In questi anni diverse inchieste giornalistiche hanno costretto i politici a chiedere pubblicamente scusa ai canadesi. E in alcuni casi si sono anche dimessi. In Italia tutto è diviso secondo una logica calcistica e non accade praticamente mai che uno si dimetta per ciò che ha fatto contro i cittadini. Un fatto non è più un fatto perché viene falsificato e spesso strovolto. Un’altra cosa che non sopporto è la logica del ‘complotto’ e del ‘hanno preso me ma lo fanno tutti’ come se questo possa costituire una scusa o addirittura un’esenzione dal comportarsi bene. Un ladro di destra non annulla uno di sinistra. Uno dell’Inter non annulla uno della Juve. Sono semplicemente quattro ladri che non devono occuparsi del mio Paese”.

Vivere a Toronto, Canada giornalista

Da dove nasce la tua passione per la cucina?

”La cucina insieme con il vino sono due grandi amori della mia vita. Ho iniziato a cucinare a 17 anni e man mano che imparavo ho cominciato a diventare curioso. Da qui la cucina etnica guardata all’inizio con diffidenza e poi sempre più apprezzata. Toronto è fantastica in questo senso. Per quanto riguarda il vino, sono sommelier certificato. Il vino è una passione che ho in comune con i miei migliori amici. Quando eravamo piccoli, 16 anni circa, a Natale ci regalavamo bottiglie costosissime anche a costo di risparmiare sulla paghetta settimanale. Ricordo ancora la prima bottiglia: un Tignanello del 1990, una grandissimo rosso toscano anche se poi ho virato decisamente sul Piemonte e sulla Borgogna”.

La cucina è storia, cultura, tradizioni, mescolanze. Hai trovato un terreno stimolante anche in questo in Canada?

”A Toronto vivono praticamente tutte le comunità del mondo. Ci sono interi quartieri etnici come Spadina che è terra cinese, Gerrard street che è indiana oppure Bloor street dove si trova il quartiere coreano. Questo solo per dare un’idea di quello che si può trovare. Sono stato invitato a barbecue indiani, caraibici e anche vietnamiti. Ne è valsa la pena, erano davvero fantastici”.

Come ti è venuta l’idea del sito? Vorresti farne la tua professione?

”Non ho fatto altro che unire la mia passione e la mia curiosità facendo tesoro di quello che trovavo in questa città. Ho sfruttato e sto cercando di assorbire tutto quello che Toronto può darmi. Da qui l’idea di un sito in italiano di cucina etnica che ho chiamato www.lacucinanelmondo.com. In Italia questo argomento non è ancora sviluppato a dovere. Quindi se posso riempire uno spazio lasciato vuoto, lo riempio volentieri. Tra poco aprirò un altro sito identico ma in inglese dove accanto alla cucina etnica, parlerò della tipica cucina italiana. Ci sono troppe storpiature e i canadesi devono conoscere meglio i nostri cibi e i nostri piatti”.

Sei anche sommelier. C’è una cultura del vino in Canada?

”Da qualche anno sì anche se naturalmente non è ai livelli europei e nemmeno a quelli americani. Il loro prodotto di punta è l’icewine, un vino che viene prodotto con i grappoli di uva lasciati ghiacciare e poi spremuti immediatamente per evitare che la temperatura si alzi. Si tratta di un vino dolcissimo, molto costoso ma buonissimo. La cosa più interessante è che sono tantissimi i produttori di origini italiana. Alcune aziende sono tra le migliori di tutto il Canada”.

Hai contatti con altri italiani che vivono li? È numerosa la comunità di nostri connazionali?

“Tantissimi contatti, tanti amici. Come dicevo è incredibile l’idea che loro hanno dell’Italia. Per loro è motivo di orgoglio dire sono italiano. Sono andato via dall’Italia quasi sbattendo la porta disgustato dalla negatività e dalla deriva nepotista che aveva preso il mio Paese. Ora sto tornando indietro e ho ripreso ad amare il mio Paese grazie a loro: a questi italocanadesi che hanno orgoglio da vendere riguardo alle loro radici. Sapessi quanto mi arrabbio quando qualche italiano migrato qui da qualche mese mi dice: ‘Dai non fare l’italiano…‘. È una cosa che trovo insopportabile: dobbiamo essere orgogliosi della nostra nazione. È vero abbiamo tanti problemi ma abbiamo anche tante cose di cui essere fieri e orgogliosi”.

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C’è qualcosa che non ti piace del Canada?

”Il freddo innanzitutto e poi alcuni tratti propriamente nordamericani che per un europeo come me sono difficili da comprendere. La globalizzazione spinta, quella che porta alla cancellazione del territorio e dell’identità si fa sentire molto. Pensa che producono addirittura l’anguria senza semi. Qui non c’è molto storia da raccontare e quando vieni qui in vacanza pensi subito al futuro ma mai al loro passato. In Europa è tutto diverso: è un mondo molto più ricco di cultura e la civiltà la respiri. In Francia o in Italia è normale scegliere i territori migliori dove coltivare uva, dove produrre formaggi o dove far crescere le ciligie. In canada come in America ci si cura poco delle differenze e delle diversità. È il marchio spessissimo a fare la differenza, non il territorio”.

Come si vive a Toronto giornalista

E, ultima domanda: come la vedi l’Italia da li, da giornalista e da cittadino?

”Male e bene. Male per la classe politica che ci guida e ci rappresenta. Non mi va di fare distinzioni anche perché chi protesta ora ha permesso quando era al governo che ci fosse questa situazione. E quindi è un concorso di colpa. Male per i giovani costretti a emigrare all’estero per trovare un lavoro dignitoso. Lavorare e vivere dignitosamente nel proprio Paese è un diritto che qualcuno ci ha negato e continua a negarci. Male per le raccomandazioni, per il troppo peso dei partiti nella vita di tutti i giorni. Bene perché nonostante queste zavorre siamo ancora vivi, siamo svegli, pratici e abbiamo un senso del gusto innato e una creatività che ci può portare ancora più lontano. Siamo sempre a galla nonostante la zavorra della politica, del clientelismo e della mancata concorrenza che sta soffocando l’Italia riducendola a una grande nazione-partito dove entra chi ha tessera mentre chi non ce l’ha resta escluso. Dobbiamo solo svegliarci da questo incantesimo che ancora non permette agli italiani di rendersi conto che la strada dell’opportunismo e delle scorciatoie non è mai quella giusta. Un primo passo potrebbe essere quello di spegnere la televisione anche solo per una giornata. Non è un dramma, anche se qualcuno ha insegnato agli italiani a non poterne fare più a meno”.

Il sito di Mario è:

www.lacucinanelmondo.com

 

Intervista a cura di Geraldine Meyer