La cucina non è solo ricette, ma anche educazione al gusto e scoperta di un altrove in cui i cibi hanno molto da raccontare. Incontri di cibi o anche semplice tentativo di richiamare alla memoria un viaggio: la cucina etnica è sempre e comunque incontro di mondi diversi.

cucina etnica

Ciao Donatella, da dove arriva la tua passione per la cucina?

Tradizione familiare che ha programmato il mio patrimonio genetico verso l’amore per la cucina. Direi che si tratta di qualcosa che mi circola nel sangue.

Raccontaci un po’ la tua esperienza in Florida quando insegnavi cucina.

Mio marito era allievo in una scuola di volo (erano gli anni 90) per conseguire un brevetto commerciale statunitense ed io non potevo certo stare con le mani in mano; in poco tempo, sfruttando le mie capacità relazionali ed una buona base linguistica, mi sono inserita nel “giro” giusto creandomi una clientela che mi chiedeva di poter imparare la cucina italiana di base. Niente manicaretti complicati ma solo ricette facilmente ripetibili.

Cucina etnica: molto spesso, dietro questa espressione, c’è molta poca conoscenza di cosa sia in effetti. Ci puoi dire cosa sia davvero una cucina di questo tipo, oltre all’aspetto puramente ricettistico?

Voltando la domanda ad uno straniero si potrebbe rispondere che anche la nostra cucina all’estero diventa “etnica”. In effetti, nel nostro meraviglioso meltin pot culinario, possiamo trovare il vissuto di altri popoli, l’essenza stessa del nostro vivere; il nutrimento crea rapporti con esperienze diverse dalle nostre.

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La cucina del mondo, i sapori diversi: tutto ciò è anche storia e cultura. Cosa racconta di un popolo, secondo te, la cucina?

“Noi siamo ciò che mangiamo” diceva il filosofo Kierkgaard; in effetti prova a valutare l’impatto emotivo che suscitano in noi certi sapori”primari” ancestrali come la stessa essenza della nostra vita. La cucina racconta tantissimo di un popolo, proprio come la sua letteratura o la sua musica.

La cucina è anche educazione alimentare. Secondo te come siamo messi in Italia da questo punto di vista?

Benissimo direi. A parte alcuni scopiazzamenti di sapore anglofilo da parte dei nostri adolescenti, direi che i principi basici della nostra tradizione interpretano in maniera magistrale la sana educazione alimentare mediterranea che tutto il mondo ci invidia.

Qual è, o quali sono, le cucine etniche che ti incuriosiscono di più e perché?

Tutti gli stimoli culinari mi eccitano e sono sempre ansiosa di provare nuove esperienze di olfatto o di gusto; forse però la mia simpatia si focalizza maggiormente sulle ricette semplici, che contengano pochi ingredienti, con cotture veloci, come da tradizione nipponica.

Una delle cose che mi ha sempre più affascinato delle cucine del mondo sono le spezie. Ce n’è qualcuna che trovi particolarmente curiosa, ricca, interessante dal punto di vista gastronomico e perché?

Ne potrei citare a decine perché tutte si distinguono per caratteristiche e profumi molto diversi gli uni dagli altri: spettacolare rimane sempre lo zenzero fresco o la stecca di cannella; ambedue fanno sognare le torte autunnali di antica memoria.

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Le tue ricette dimostrano che si può cucinare in modo ricco anche in relativamente poco tempo e con ricchezza di prodotti. Che cos’è la semplicità in cucina?

Da sempre amo ripetere il mio mantra culinario: pochi ingredienti di ottima qualità. Un piatto spettacolare spesso è il frutto del semplice assemblaggio di alcune fantastiche basi e questo dogma è valido per tutte le aree geografiche. Spesso la stessa ricetta molto elaborata può essere rivisitata e forse ancora più amata se si tolgono alcuni orpelli superflui. È un po’ come lo scrivere: la stessa frase risulta più comprensibile se si toglie una parte della sua cornice forbita.

La cucina etnica è apertura e curiosità verso le differenze: secondo te, magari un po’ romanticamente, il cibo potrebbe essere un mezzo di pace e di incontro?

Mi dispiace doverti rispondere con un no. Non ho avuto la percezione di cibo come condivisione di intenti e men che meno di intenti di pace; il cibo siamo noi con le nostre debolezze ed i nostri egoismi, il cibo siamo noi con la nostra voglia di nutrirci per guardare all’immediato futuro. Talvolta, ma solo talvolta, in un magico momento, assaporando una buona pietanza, si può vedere in chi ti sta accanto e condivide il tuo cibo, qualcosa di più di una semplice convivialità. Si percepisce lo spirito di chi, nutrendosi, entra con te in profonda empatia. D’altra parte “L’ultima cena” dovrebbe ben insegnarci qualcosa.

La storia dei piatti etnici non potrebbe essere importante tanto quanto le ricette e la loro esecuzione?

Hai colto un punto molto interessante: sto proprio sviluppando una ricerca in questo senso e a breve seguirà la sua pubblicazione. Credo sia veramente interessante conoscere l’esegesi di qualche ricetta così da comprenderne anche alcune funzioni sociali; pensiamo per esempio alla condivisione del cous cous.

Quando viaggi che cosa ti incuriosisce di più del cibo del posto in cui ti trovi?

In tempi lontani mi preoccupavo troppo della logistica in cui i cibi venivano preparati e spesso mi rifiutavo di assaggiarli se alcuni miei parametri igienici non venivano rispettati. In realtà, fatti i giusti distinguo fra cibi crudi ( da evitare se non si è sicuri della loro pulizia e freschezza ) e cotti, posso tranquillamente affermare che non bisogna mai privarsi di un’esperienza culinaria nuova.

La rubrica su Voglio Vivere Così World:

www.voglioviverecosiworld.com/rubriche/oggi-cucino-etnico

A cura di Geraldine Meyer

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