Arrivare in Giappone dall’Australia progettando ferrovie

Chi lascia l’Italia trova in genere una seconda patria, ma c’è anche chi come Alberto Battois, ingegnere che progetta ferrovie, diventa un itinerante, sempre disposto a cambiare terra, oppure a cambiarne tante per trovare quella con cui si ha maggiore sintonia. Ad Alberto non solo andava stretta l’Italia ma ad un certo punto gli è andata stretta anche l’Australia.

Poco più che trentenne, originario del Veneto, nel suo blog ci racconta che: “…dopo essersi laureato nel 2001 in ingegneria elettronica all’università di Padova, ha lavorato in Italia fino al 2005, poi è emigrato a Brisbane in Australia occupandosi di sistemi ferroviari…”A cavallo tra il 2006 e il 2007 trascorre sette mesi nel deserto del Western Australia, impegnato in un grandioso progetto. Li’ riesce a sopravvivere ad una manciata di cicloni, temperature che toccano i 60 gradi, topi in camera da letto e altre cose simpatiche di questo tipo.“

Il lavoro di ingegnere ferroviario e la sua esperienza di uomo di mondo gli aprono le porte a numerose opportunità lavorative.  Prima di approdare nell’ ex Impero del Sol Levante ha effettuato un breve passaggio in Malesia: ”… mi trovavo a Kuala Lumpur, sempre per la stessa azienda. In teoria avrei dovuto trasferirmi li’ ma il cuore, il destino, il karma, quello che volete mi ha portato in Giappone.

Dopo una lunga permanenza nel deserto australiano, sempre per lavoro, mi sono preso sette mesi di aspettativa non pagata, e dal fare l’ingegnere sono tornato studente, iscrivendomi ad una scuola di lingua a Tokyo. “ Ora sempre a Tokyo lavora come ingegnere per una multinazionale in cui è l’unico occidentale su oltre duemila dipendenti.

►► Leggi la nostra Guida con tutte le info utili e i consigli per vivere in Giappone ◄◄

Alberto Battois ferrovie

Che cosa ti ha spinto a cambiare vita?

All’epoca scelsi l’Australia per due motivi: il primo professionale, il secondo perchè volevo vivere un’avventura. In Italia avevo un lavoro a tempo indeterminato e pagato bene, ma che non mi dava soddisfazioni, e in un campo che non mi piaceva. Poi, a 29 anni, volevo vedere il mondo e imparare l’inglese. E sono partito.
Dall’Australia al Giappone invece sono partito per motivi di carriera, e perchè ho sempre adorato la cultura giapponese.

Italia, Australia e Giappone: che cosa ti ha colpito di questi paesi così completamente diversi ?

In Italia si vive bene, con poco. L’aperitivo in piazza è qualcosa che ti manca come l’aria quando vai all’estero. Il contatto umano e la famiglia sono parte della nostra vita. In Australia si vive al di sopra delle proprie possibilità, si prende tantissimo ma si spende, perchè in fondo non è che ci sia molto da fare. I rapporti con gli altri sono all’apparenza calorosi, ma in realtà la gente si tiene a distanza…all’anglosassone. Dell’Australia colpisce soprattutto la spensieratezza, la mancanza di preoccupazioni della gente: è una vita senza stress in un paradiso tropicale.
In Giappone si vive per lavorare ma ci si possono prendere delle soddisfazioni a livello economico che alla lunga creano assuefazione. Del Giappone colpisce l’ordine, il rigore, la capacità di milioni di persone di vivere in armonia, a Tokyo.

Nostalgia dell’ Italia ? Voglia di tornare ?

No, non adesso. Non sono partito solo per il lavoro, sono partito perché ho vissuto tutta la vita in 100 chilometri quadrati, mentre ora ho un mondo da vedere, gente da conoscere, esperienze da fare. Contate che a 29 anni avevo una laurea ma non parlavo una parola d’inglese, ora a 34 sono fluente in inglese e posso tenere tranquillamente una conversazione in giapponese!

Quello che mi manca di più? Il baccalà alla veneta, la polenta col radicchio ai ferri, lo stravecchio, la caciotta, la mozzarella in carrozza, il banco dei biscotti al supermercato… E naturalmente la Bellezza, perché il nostro è il paese più bello del mondo.

Come è cambiata la tua giornata tipo ?

In Italia: Sveglia alle 7:30, un’ora di coda nel traffico, lavoro fino alle 5:30, a casa alle 6, cena o spritz, fuori con gli amici, a letto a mezzanotte.
In Australia: Sveglia alle 8:45, venti minuti nel traffico, lavoro fino alle 5, a casa alle 5:20, spesa al supermercato, cucinare la cena, uscire raramente durante la settimana, scrittura del mio romanzo, a letto alle 2:30 o 3.
In Giappone: Sveglia alle 6:30, mezz’ora di treno o metropolitana, lavoro fino alle 7:30 di sera, a casa alle 8 passate, fuori con gli amici, a letto a mezzanotte – distrutto.

VIVERE IN GIAPPONE ferrovie

☞ Leggi la nostra Guida Completa per trasferirsi a vivere in Australia

Che cosa provi ad essere l’unico italiano in mezzo a tanti giapponesi?

Essere l’unico in mezzo a tutti stranieri e’ strano. Bello, secondo me, perché riesci ad immergerti nella loro cultura, a capire il loro punto di vista, cosa che in generale per uno straniero è difficile. Allo stesso tempo però è difficile, alle volte non ci si capisce proprio. Comunque ci veniamo incontro a vicenda, e per questo credo di essere fortunato. Non in tutte le aziende succede lo stesso.

Hai ancora contatti con l’Italia e gli Italiani?

Ovviamente. Oggigiorno con skype si fa tutto, se poi vivi a Tokyo dove skype lo si usa da iphone e va velocissimo… tanto meglio!

Come ti sembra l’Italia vista da lì?

Il solito tutti contro tutti. Gli italiani hanno la tendenza a lamentarsi, sempre, anche quando va tutto bene. Ma è il nostro bello in fondo.

Che cosa ti hanno insegnato queste esperienze ?

Ho scoperto che non abbiamo limiti, se non quelli che ci poniamo da soli. Poi ovviamente la vita all’estero apre gli occhi, e fa maturare in generale. Se non altro perchè, come diciamo a Venezia, “quando l’acqua tocca il culo si impara a nuotare”.

Hai degli hobby, pratichi qualche sport, sei inserito nella vita sociale di questo paese?

In Australia praticavo il golf, il surf e le immersioni subacquee. Ero molto integrato, più che altro perchè in quel paese lo sport è parte integrante della vita. In Giappone invece lo sport principale è uscire a bere e divertirsi nei club fino all’alba… e anche in questo posso dire di cavarmela. Kanpai!

A cura di Raffaele Ganzerli