Vivere e viaggiare : la storia di Adalberto

Tante persone pensano solamente a mettere i soldi in banca, io penso a mettere i ricordi nel cuore”. Non si stanca di ripetere a se stesso questa frase che ha sentito pronunciare da una babushka siberiana in un Paese forse dimenticato da tutti, la Siberia, appunto. Per lui il viaggio è uno stato dell’anima. E se non girovaga, si ammala. Vivere e viaggiare, da quando aveva 18 anni.

Si tratta di Adalberto Buzzin, nato a Gorizia nel ’54. Ha fatto l’assicuratore per venti anni in Italia. Poi si è stancato. Da pochi mesi vive a Plovdiv, Bulgaria centrale, 120 km a sud di Sofia. Ha scritto cinque libri e ora è free lance. Spesso nascosto in uno degli angoli più remoti del mondo. In una delle sue avventure ha persino conosciuto il pronipote di Rasputin , il monaco “nero”, che tanta influenza esercitò sulla famiglia dello zar Nicola II. Il discendente, molto simile a lui, vive oggi in miseria, ma ha una grande personalità.

Adalberto Buzzin Vivere e viaggiare

Buzzin ha scoperto l’amore per i viaggi quando era piccolo, con le avventure di Marco Polo e Cristoforo Colombo. Dalla seconda metà degli anni Settanta, ha viaggiato al volante di una “normale” Renault R4 di serie, e ha visitato tanti posti differenti. Dall’Africa nera al Medio Oriente, dalla Finlandia al Kuwait, da Sumatra alla Cina, dall’Albania al Centro America e, per ultimo nel 1997, ha effettuato il percorso della Transiberiana, da Mosca a Ulan Bator, in Mongolia, tenendo sempre fede al suo motto: “L’importante è viaggiare, non arrivare”. (www.iviaggidiadalberto.it)

“E viaggiare- afferma l’assicuratore- non è una sfida. E’ solo voglia di capire i fatti. Vivere una storia in modo completo, allargare la mente, imparare e guardare il mondo, vivendolo”.

Per lui partire è scappare lontano da tutto e da tutti. Evadere. Andare a ruota libera. Non avere nessuno che ti disturba. Essere circondati dalla steppa e scoprire nuovi orizzonti. Senza paura, senza confini. Forse, è una scusa per esplorare qualcosa che si ha dentro.

Buzzin si considera un viaggiatore. Uno che, quando decide di allontanarsi da casa, lascia tutti i confort. “Oggi- dice- quelli che viaggiano sono turisti, che pretendono di ritrovare il salottino di casa persino nelle mete più esotiche. Io, invece, mi immergo con immediatezza e spontaneità in un posto sconosciuto. Diceva un poeta russo: Non si può capire la Russia con la ragione. Si può solo credere in lei”. Ogni volta registro un’emozione forte e sempre diversa, che non ha paragoni”.

Ma la più forte quale è stata?

Gli anni sono passati, ma non mi volto indietro per vivere di ricordi. La strada è ancora lunga e le scoperte da fare sono tante, anche se un tramonto sull’isola di Sumatra, una pista sahariana, un’alba russa senza luce, una giornata in Siberia col sole che non scalda, non si possono dimenticare. Aiutano a partire per sentirsi ancora vivi. Ho, però, una foto nella mia testa.

Ce la descriva!

Una nonna siberiana che mi fa capire quanto importante sia nella vita riempire il bagaglio della memoria. Mentre parla, fuori nevica, il caffè é bollente, un gatto sonnecchia vicino alla stufa, la casetta di legno è orgogliosamente pulita e ordinata, un silenzio magico. Questi, per me, sono i grandi momenti che vanno non solo capiti, ma vissuti.

Adalberto Buzzin Vivere e viaggiare

Ci racconti come ha raggiunto la Siberia. Non sarà stato semplice!

Con la famosa Transiberiana da Mosca a Vladivostok servono più o meno otto giorni, come mezzo secolo fa, muovendosi in direzione opposta al sole lungo sette fusi orari. Nel luglio 1997, alle 3 e 20 del mattino, dal finestrino della Transiberiana osservavo la notte e pensavo che sarebbe stato bello arrivare con delle vetture proprie fino a Vladivostok in inverno. Neve, ghiaccio, vento, avventura, mistero e l’emozione della paura. Con degli amici, anche loro amanti dei viaggi, si decide di provarci nel 1999. Sponsor, auto, discussioni varie, imprevisti, incomprensioni, lavoro di routine e, finalmente, siamo pronti per un’avventura che rimarrà stampata nella mia mente.

Ma perché sceglie terre così lontane e, spesso, ancora vergini?

Perdoni l’egoismo. Non provo il piacere della novità se arrivato in un posto trovo quattrocento pullman. L’ambiente è rovinato. Perdo il brivido della scoperta.

Ma chi viaggia con la sua passione, colui che non ha ancora trovato le sue radici o chi le ha smarrite?

E’ solo voglia di vedere posti nuovi. Che tutte le volta mi carica come nessuna altra emozione.

Lo spirito ideale per viaggiare?

Essere liberi con la mente e, soprattutto, capire sempre dove si è.

Come viaggiano gli italiani?

Il novantanove per cento viaggia da turista, con tutte le comodità che ha lasciato a casa

Cosa mette nella sua valigia?

Il passaporto e tanta libertà

Cosa lascia a  casa?

I ricordi e qualche amico che non può partire

Cos’è irrinunciabile per lei quando viaggia?

Essere libero di decidere. Poi, comunque, mi adatto a tutto

I posti che l’hanno segnata?

Tutti sono interessanti, basta che ci sia la novità. La Siberia ha una marcia in più, c’è tanto bianco, ghiaccio, freddo, ma l’anima delle persone è calda.

Adalberto Buzzin Vivere e viaggiare

I posti che non ha visto?

Dovrei vivere due volte per farlo.

Un libro, un film, un quadro, una canzone che secondo lei rappresentano meglio la dimensione del viaggio?

I libri biografici, un film in cui si parla di terre lontane, un quadro naif, tutte le canzoni, in genere, danno un’emozione, pari a quella che provo viaggiando.

Quando torna da un viaggio cosa sente?

Voglia di ripartire, dopo aver raccontato il viaggio. Purtroppo, è una droga.

Ha visto due volte lo stesso posto?

Sì, tante volte e ho provato, purtroppo malinconia. I posti erano cambiati dentro. La Siberia non è mai cambiata.

Un viaggio che consiglia?

Quello in Siberia. La terra addormentata, come la chiamavano le tribù tartare. Ma si deve stare soli per un mese. Oppure in qualche villaggio sahariano. Si impara a meditare. E non aver paura della solitudine.

Viaggia sempre in macchina?

Faccio i miei viaggi anche in autostop. Quelli in Africa sono solitari.

Per quanto tempo resiste in un posto?

Se mi piace, non ho limiti.

Esiste per lei una malattia del viaggio?

Sì, esiste, ed io ne sono un esempio. Se non viaggio mi spengo, una mia debolezza.

Hai mai avuto paura durante un viaggio?

Un paio di volte, ma sono cose che possono capitare anche a Gorizia. Una volta in Africa nera, in un mio viaggio non solitario, litigai con un camionista su una cifra che avevamo pattuito all’inizio per un passaggio. Alla fine del viaggio mi chiese il doppio. Era sera. Decisi di scendere dal camion.

Ero in un parco nazionale aperto. Quale volta rischiai di essere sbranato da una bestia feroce.

La seconda volta in Albania. Era da poco caduto il regime. Mi fermai a fotografare un bunker. In quel momento alcune persone scesero da una macchina senza targa e mi puntarono la pistola in faccia, chiedendomi 2000 $. Era proibito fare foto. Per fortuna avevo in tasca un biglietto di visita di un ministro albanese. Me la cavai anche quella volta.