Downshifting: “Uomini senza vento”, il libro di Simone Perotti

Cambiare vita: un sogno che molti sono costretti a tenere fra parentesi. Perché? Non hanno allenato il cuore e la mente. Quindi hanno paura di fare i conti con la propria coscienza, affrontare il giudizio degli amici e dei familiari più stretti e di rimanere soli.  O di perdere soldi e lavoro. Ma questi sono timori fondati solo per chi vuole mollare casa e impiego in pochi mesi. Per gli altri, quelli che programmano in modo serio ed equilibrato, rovesciare la propria esistenza può diventare un gioco. Anche parecchio stimolante. Ne é convinto Simone Perotti, nato a Frascati nel ’65, che ha fatto il manager per quasi vent’anni e poi si è trasferito in Liguria per dedicarsi in modo esclusivo alla scrittura e alla navigazione. Il mare é la sua grande passione.  Autore di Adesso Basta (Chiarelettere 2009), il primo libro sul downshifting, ha pubblicato di recente il romanzo Uomini senza Vento, edito da Garzanti. E il suo sito www.simoneperotti.com è diventato una community generazionale.

Lo scrittore afferma che per cambiare vita non occorrono tanti soldi, solo “equilibrio con se stessi e una lunga preparazione”.

La redazione di Voglio Vivere Così l’ha intervistato.

Uomini senza vento. E’ il suo libro recente. Renato sembra la sua controfigura. Quella del vecchio Simone, quello antecedente al cambiamento

I materiali con cui è fatto Renato sono materiali veri, presi dalla mia vita precedente. Lui è un Uomo Senza Vento, però, io spero proprio di no. Psicologicamente, esistenzialmente, è il mio opposto. Forse io somiglio di più a Sara,  la coprotagonista, la donna che cambia tutto al suo arrivo.

Attraverso questo personaggio fa capire che a volte ci sentiamo pronti a dare una sterzata alla nostra vita, a cominciare una nuova avventura, ma per farlo aspettiamo la spinta del destino. Ma questo perché succede? E’ troppo grande la paura di stravolgere le nostre griglie di certezza?

Esatto. Siamo tutti  terrorizzati. Il sentimento dominante di questa epoca è proprio lei, la paura, che genera immobilità, incertezza, inerzia. A volte è il caso a dover entrare in gioco, è l’onda del destino a schiaffeggiarci. E’ così che capita a Renato, il protagonista di Uomini Senza Vento, un autentico esemplare di quarantenne di questa epoca di decadenza.

Qual è la paura più grande che ci fa indietreggiare?

Si teme che l’uscita dai ranghi, dalla vita codificata, faccia di noi degli esseri soli, disinseriti, non riconosciuti, emarginati, senza lavoro, senza soldi, senza opportunità. E’ per questo che i miei libri stanno avendo tanto successo. Parlano di gente che ha coraggio, che non ha paura di sognare, che anzi, proprio dalla forza esplosiva del sogno riesce a trarre la forza di andare, progettare, cambiare il proprio destino. Renato è un uomo che, grazie ad Antonio, il suo amico di Ponza, grazie a Sara, la donna del destino, prende gradualmente forza, prende coraggio, si butta. Tutti vorremmo buttarci e questo suscita in noi una grande suggestione.

Forse per cambiare c’è un segreto. Potrebbe essere quello di pensare che tutto, anche il cambiamento, è reversibile? E che quindi nessuna scelta di vita è eterna?

Per cambiare veramente bisogna avere il coraggio di progettare, con calma, senza fretta, e di lavorare duro, nel tempo. Il cambiamento, in questa epoca è un atto eversivo,  un gesto rivoluzionario, e dunque richiede metodo, professionalità. Vorrei perfino dire, le armi che il Sistema usa contro di noi. Occorre combattere con le stesse armi e poi abbandonarle.

Quanto contano i giudizi degli altri su chi vuole affrontare un grande cambiamento?

Contano molto, anzi troppo. Chi dice che dobbiamo stare attenti, che non dobbiamo rischiare, in realtà ha solo paura. A me dicono una serie di cose che io posso confutare con la pratica, avendo le prove di quello che dico, vivendo io in prima persona i contenuti delle mie risposte, mentre chi obietta ha solo paure a supporto e non può provare niente.

E i sensi di colpa verso i familiari, che peso hanno ?

Beh, una persona di quarant’anni deve farsene carico. E’ quello il lavoro che si deve fare. Per questo ci vogliono tempo e pazienza. Tutti pensano ai soldi, ma cambiare è un’operazione complessa per ben altri motivi.

E’ autore di Adesso Basta- il Manifesto del downshifting. Immagino avrà affrontato tante volte le critiche di chi dice che un nuovo stile di vita più naif, più semplice, non sia per tutti. Anche lei, penso, abbia potuto cambiare il suo stile di vita, perché aveva da parte qualche soldo. Non è così?

No, in tutta sincerità. Io non ho famiglie ricche alle spalle, non ho proprietà, ho dei risparmi che serviranno per la pensione (e non basteranno), perché con 17 anni di contributi la pensione non l’avrò. Se fosse stato per i soldi, io avrei dovuto continuare a lavorare per parecchio tempo. Il punto è un altro, sfortunatamente, perché con i soldi qualcosa si riesce a organizzare, ma con i nostri limiti psicologici, le nostre paure, si combatte male.

Ammetterà che il downshinfting non sia per tutti. Solo per pochi privilegiati. E questo probabilmente scatena le invidie della maggior parte delle persone che vorrebbero cambiare, ma non possono. Cosa consigliare loro? Devono convincersi che mollare una vita frenetica e darsi a ritmi più piacevoli sia per ricchi?

No, ripeto, il tema dei soldi ha a che fare soprattutto col cambio di stile di vita. Io so vivere bene con 700 euro al mese, è quello che faccio da oltre tre anni. Il mio “segreto” è questo, essere sobrio, vivere di poco. In questo modo posso lavorare poco per guadagnare poco, e solo con cose che amo fare. Ma la difficoltà, cioé ciò che rende il Downshifting una cosa forse non per tutti, sono le doti morali, la tensione verso i propri sogni, la determinazione nel desiderare e realizzare una vita diversa, una vita di libertà. Questo è assai più difficile che risolvere la questione economica. Di fame non si muore nel nord ovest del pianeta. Si muore di paura e di inerzia, ma non di fame.

Riesce a prevedere un futuro diverso per tutti? Magari non proprio prossimo?

Per molti certamente, sì. Non è un caso che io abbia ricevuto 70mila email, che 50mila persone abbiano comprato uno dei miei libri, che migliaia di altre stiano comprando Uomini Senza Vento, appena uscito. L’interesse è grande. Molti ce la faranno.

Come trascorre la sua vita?

In mare oppure a casa mia, in Val di Vara, a Bolano, provincia di Spezia.

E come è stato il suo primo giorno diverso?

Non lo dimenticherò mai, passeggiai a lungo per Milano, con calma, guardandomi in giro. Ero libero. Avvertivo tutto il valore di quel momento. Sentivo che tornare indietro era impensabile. Guardavo avanti con calma. Una droga ha un effetto blando in confronto al mio entusiasmo di quel giorno.

Non ha mai detto a sé: “Ma che faccio qui? Ho sbagliato tutto!”

Come no, mille volte. Ero quasi sempre sul lavoro, in una sala riunioni, mentre me lo chiedevo. Una vita fa.

Non prova mai noia? Non la stanca una vita più “rilassata”? Il segreto sta forse nel raggiungimento di un equilibrio interiore che prima forse non aveva?

Esatto, senza equilibrio il Downshifting è impossibile. Gli anni di preparazione non sono anni in cui accumulare denaro, ma anni che servono a mettere insieme un po’ di equilibrio con se stessi. Con l’equilibrio si può affrontare un simile viaggio. Senza soldi ma con l’equilibrio. Il contrario è impossibile.

Ora fa l’affittacamere, lo skipper e l’istruttore di vela. Perché tante attività? Cosa non può più permettersi da quando non fa più il manager?

Non rinuncio a nulla, perché non ho bisogno di nulla. Ogni tanto ho desiderio di qualche cosa, che non è bisogno, allora lavoro e me la compro. Ma capita di rado. Io mi godo il tempo, che è la forma di vita più affascinante.

Cosa ha scoperto di sé, da quando ha lasciato la sua vecchia vita?

Che correvo sempre, che non sapevo “non fare”. Oggi mi godo spesso l’inerzia del non fare, per poi partire, subito dopo, in mille occupazioni. Il tempo spesso vola facendo le cose che amo.

Cosa le piacerebbe le riservasse il futuro?

La possibilità di restare un uomo sostanzialmente libero. Ho combattuto per diventarlo, vorrei rimanere tale.

Cambierà di nuovo? Un giorno, forse, si stancherà di questa nuova vita?

Chi lo sa. Prima sapevo tutto, ora no. Anche questo è affascinante.

Altri consigli a chi si sente in gabbia, ma preso dai sensi di colpa, dalle paure, non riesce a mollare la propria vita noiosa, insoddisfacente?

Consiglio di occuparsi di sé. Se andando in palestra tre volte a settimana si dimagrisce e si gonfiano i muscoli, non si spiega perché non dovrebbe capitare lo stesso con la nostra anima. Certo se non ci si lavora, nulla può accadere. Alleniamo lo spirito e l’anima, diventiamo più forti, poi possiamo scegliere.

La sua famiglia? La vede? La sente?

Certo. Sono stati molto carini a capire e ad appoggiare le mie scelte. Guardi, chi ti vuole bene ti capisce, e spesso ti ammira per il coraggio. Anche se all’inizio può sembrare di no.

Intervista a cura di Cinzia Ficco

SIMONE PEROTTI downshifting