I soldi non fanno la felicità

Di Enza Petruzziello per Voglio Vivere Così Magazine

 

È uno dei grandi dilemmi dell’umanità. Molto più dell’amletico “Essere o non essere”. La domanda che almeno una volta nella vita tutti noi ci siamo fatti è: “I soldi fanno la felicità?”. E come per tutti i grandi dilemmi le posizioni sull’argomento sono nettamente divise.

Da un lato i sostenitori del “sì”, «perché in fondo con i soldi si possono fare tantissime cose». Fin da bambini riversiamo il nostro desiderio di sentirci bene sugli oggetti, come se fossero effettivamente l’origine del benessere.

Cresciamo convinti che le cose ci rendano felici e di conseguenza diventiamo ossessionati dal denaro. Perché senza soldi, non possiamo acquistare tutti quegli oggetti che vediamo ovunque: in televisione, sui social network, sui giornali, addosso alle persone famose e sorridenti.

Anche il cambiamento di vita, di cui spesso parliamo sulle pagine del nostro magazine, viene visto come un qualcosa di semplice se si è ricchi.

Quante volte leggendo le storie di chi molla tutto per viaggiare, per aprire un’attività all’estero, abbiamo pensato: “Eh facile per lui/lei, ha i soldi”. A una lettura più attenta però scopriamo che molti viaggiano con pochi soldi in tasca, trovando ospitalità nelle popolazioni locali o sponsorizzazioni.

Che molti, è vero lasciano tutto per aprire un B&B in un luogo esotico, ma vendono case, auto, persino biciclette pur di ricominciare daccapo. Con tante incognite che sono uguali per tutti. Può andare bene come male.

Dall’altro lato poi ci sono i sostenitori del “no” secondo cui amore, salute, famiglia sono al primo posto. Benessere mentale e psicofisico, l’amore della famiglia e degli amici, sono molto più importanti di un conto in banca da capogiro. A dimostrarcelo anche la letteratura. Prendiamo il vecchio Scrooge del Canto di Natale di Dickens. Una vita votata all’avidità per poi accorgersi che l’affetto non si compra.

La risposta, naturalmente, non è sempre così semplice. Ci sono persone che per inseguire il sogno di diventare ricchi si sono letteralmente rovinate, a caccia di fortune illusorie. Pensiamo al gioco d’azzardo, ai biglietti Gratta e Vinci, alle lotterie. Persone che hanno conquistato l’ambito jackpot ma poi hanno dilapidato tutto il patrimonio ritrovandosi con un pugno di mosche.

Qui è la cronaca a venirci incontro. Tantissimi, infatti, i casi di persone che hanno vinto milioni alla lotteria e si sono rovinati. Uno su tutti. Nel 1988 William “Bud” Post vince 16,2 milioni di dollari alla lotteria della Pennsylvania, ma nel giro di un anno si ritrova con un debito di 1 milione di dollari. Un’ex fidanzata lo denuncia ottenendo un terzo delle sue vincite, mentre suo fratello viene arrestato dopo aver assunto un killer per ucciderlo, nella speranza di ereditare una quota delle vincite.

Dopo aver investito parte della fortuna in imprese familiari fallite, Post affonda nei debiti e trascorre del tempo in prigione per aver sparato un colpo di pistola sopra la testa di un creditore.

A riprova che vincere alla lotteria non sempre è sinonimo di felicità citiamo un’interessante e articolata indagine della Western University e dell’Università del Massachussetts. La ricerca dimostra che le persone che hanno vinto alla lotteria, di fatto, non sono più felici delle altre. Questo perché, tra le varie ragioni, traggono meno piacere da cose quotidiane e mondane che per i non-vincitori sono invece fonte di benessere. Questo ha a che fare con l’innalzamento delle loro aspettative globali di soddisfazione personale.

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Certo sarebbe stupido e falso negare che i soldi non aiutano. Quantomeno ad essere più sereni. Pagare l’affitto, le bollette e il cibo senza avere l’ansia ogni volta, è uno di quei lussi a cui nessuno dovrebbe rinunciare. Il punto è: a quali cifre dovremmo aspirare?

C’è un noto e accurato studio dell’Università di Princeton che, con approccio scientifico, è arrivato a stabilire che le persone diventano più felici al crescere dello stipendio solo fino a 75mila dollari di retribuzione annua, un po’ più di 60mila euro. Oltre questa soglia, però, il rapporto di reciprocità cessa e anche se si guadagna di più la felicità non aumenta.

Secondo il cosiddetto Paradosso di Easterlin, o paradosso della felicità, quando il reddito aumenta la felicità umana aumenta ma solo fino a un certo punto, poi inizia addirittura a diminuire. Insomma, il reddito non è sufficiente a spiegare il benessere soggettivo.

Un gruppo di economisti di Harvard, ad esempio, ha messo in correlazione l’uso che facciamo del denaro e la felicità stabilendo che i soldi ci rendono più felici solo se li usiamo per “comprare il tempo”. Vale a dire spendere denaro per pagare persone che svolgano al posto nostro dei servizi non particolarmente piacevoli, come pulire la casa, portare a spasso i cani o tagliare l’erba del giardino, aumentando il nostro tempo libero.

cambiare vita

«Curiosamente – spiega il coordinatore della ricerca Ashley V. Whillans – mentre è molto in voga l’idea di aumentare la soddisfazione esistenziale compiendo esperienze piacevoli, come viaggi o feste, è molto meno popolare quella di spendere denaro per evitare esperienze spiacevoli».

La ricerca, del resto, conferma ciò che da tempo ha scoperto anche la psicologia: il segreto della felicità si trova più facilmente nelle piccole cose che facciamo nel tempo libero, come passeggiare, leggere un libro, conversare con amici, che nel lavoro ossessivo, magari svolto per accumulare denaro e acquistare cose che dovrebbero farci sentire accettati e contenti, ma che spesso, alla fine, ci fanno solo sentire frustrati.

La verità, per citare un famoso spot, è che ci sono cose che non hanno prezzo. Lo sanno bene i danesi, uno dei popoli più felici al mondo. Il segreto della loro felicità risiede in quello che chiamano “Hygge” uno stile di vita che indica una elevata qualità di relazioni sociali e familiari e la possibilità di prendersi del tempo per coltivarle. È la felicità delle piccole cose che si trova nel quotidiano. Dovevano dircelo i danesi o dei ricercatori? Probabilmente sì.