Bruno Contigiani: l’arte di vivere con lentezza & co.

“Come io mollo un po’ di tirare via dritto per la mia strada, come io trovo il tempo di cazzeggiare fisicamente, mentalmente ed emotivamente, scopro sempre persone e mondi paralleli, che ormai reputo quasi magici e fantastici, che vivono soddisfatti di quello che sono, che hanno, che fanno. Totalmente scollegati dalle statistiche, da quello che stabiliscono e suggeriscono i media, non influenzati da partiti o governi, capaci di vivere con poco o con tanto, consapevoli che non esiste niente che dura in eterno, mai in attesa di un salvatore, liberi pensatori, sicuri dell’esistenza e della pazienza di un buon dio, ma distanti da qualunque religione, contrari alle varie forme di aggressività e violenza anche verbale, fanno del loro meglio per partecipare, e per offrire il loro contributo agli altri e all’ambiente”. A scriverlo nel suo “Chi va piano” (Rizzoli), è Bruno Contigiani, ex capo ufficio stampa di Ibm Italia, Telecom Italia Corporate e di Telecom Progetto Italia, stressato manager di una multinazionale che nel ’99 decide di cambiare vita, nel 2005 fonda l’associazione “L’arte di vivere con lentezza” (www.vivereconlentezza.it) e nel 2007 organizza la prima Giornata Mondiale della lentezza. Per lo scrittore andare slow è diventato l’unico mezzo per orientarsi in un mondo, il nostro, in cui si corre, spesso senza una meta. Solo per essere trendy. Contigiani ha imparato a rallentare soprattutto nei sentimenti, in amore, dopo un divorzio “inaspettato”. “Certamente- scrive –non avevo voluto io la mia separazione, ma da quel dolore, a cui ero arrivato assolutamente impreparato, ho imparato molto. A non avere paura dei cambiamenti (sempre in agguato), della solitudine, del silenzio, dei vuoti, degli abbandoni (che possono capitare), degli anni che passano e della morte. Ed ho imparato ad avere fiducia. Perché la vita e il buon dio (chiunque esso sia) sono generosi. Basta avere tempo di rendersene conto”.

Di qui l’invito a ripensarsi, scalare le marce e ad assaporare ogni istante della vita. A diventare come dei bambini “che – dice- si rivelano ottimi insegnanti, quando concediamo loro la nostra attenzione e ci rendiamo disponibili a imparare. Una cosa che sicuramente possiamo apprendere da loro è un modo diverso di rapportarci al tempo”. Perché? I bambini non hanno mai fretta. “Non pensano– aggiunge- alla meta. Si godono l’attimo. Vengono rapiti da un nulla. Una farfallina o un sassolino possono catturare la loro attenzione per ore. E in quel lasso di tempo non hanno bisogno di nulla, nessun giocattolo costoso o di moda. Per loro il tempo si ferma”. Insomma, sanno entusiasmarsi per piccole cose. E scoprire sempre il bello dietro ogni aspetto della vita. Sono felici. Sono liberi. E allora, perché non provare, per esempio, a rivalutare una passeggiata, la cosa più semplice da cui partire per cambiare? “Passeggiare- scrive- può essere al tempo stesso un’esperienza solitaria, sociale e comunitaria.

Silenziosa, fonte di conversazioni e di discussioni. E meditativa, che imprime uno stop al nostro chiacchiericcio mentale. Per me camminare è diventata un’attività quotidiana indispensabile come respirare. Lo faccio per sgranchirmi, per rimettere in ordine e in equilibrio il mio corpo, la mia mente, il mio cuore. La meta non è mai importante e mai come durante una passeggiata, di dieci minuti o di sei ore, vale il motto: Godetevi il viaggio”. Dunque, rilassiamoci! Anche a letto. “Ho rallentato- scrive Contigiani a pagina 33- ho inserito la ridotta anche nel fare l’amore. Ho imparato a godermi il viaggio e a non veleggiare solo in funzione della meta: l’orgasmo. Questo può addirittura non esserci, il piacere non cambia, a volte aumenta, a volte no. Prima non mi ero accorto che, per me, il sesso rappresentasse la forma di comunicazione più intima con una donna. Rallentando, trovando il mio giusto ritmo e recuperando antichi movimenti rotondi… mi sono così disfatto di un altro peso. Non servono più aiutini blu, perché non c’è ansia, stress o qualcosa da dimostrare. Mi sono anche scoperto ‘monogamo a tempo’: finché sto con una donna parlo con lei, il mio corpo non potrebbe più fare altrimenti”.

Insomma, liberiamoci dalle catene della fretta e recuperiamo una dimensione più relazionale della vita, sembra proporre Contigiani. Eh sì, perché la felicità personale da sola, non ha molto senso. La felicità non può che essere relazionale. Per questo Contigiani incoraggia: “Stop all’indignazione, senza sentirsi degli smidollati o dei qualunquisti. E basta con la rabbia”. “Non ho problemi- sottolinea l’autore- però, a prendere gentili e ferme distanze da chi applica una specie di legge di entropia verso il basso, cercando di minare puntigliosamente e minuziosamente i miei sentimenti per il mio prossimo”. Già, il prossimo. Quello che non vediamo, ma che c’è. Spesso ci lamentiamo di sentirci soli, ma come si fa? “C’è l’umanità intera- chiarisce- nella vita sottocasa o ai quattro angoli del mondo, che è in attesa di un nostro gesto, di un nostro pensiero, di una nostra parola. Quando ci mettiamo nella predisposizione di dare invece che ricevere, la solitudine scompare di colpo. Avremo addirittura il problema opposto. A me è successo così”.

E per finire uno sguardo ai tredici comandamori, i comandalenti per grandi amori, raccolti a pagina 169.

Quando finisce un amore fermati. Se proprio devi mollarlo non farlo a Natale o a Ferragosto. Innamoriamoci al rallentatore. I nostri figli hanno diritto ad essere educati da noi con l’esempio. Trova il tempo di dare attenzione alla persona e al momento presente. Creiamo un circolo di lettura a voce alta per grandi e piccini. Siamo tutti artisti. Pranzo domenicale, prepariamo assieme gli gnocchi e poi gustiamoceli in allegria. Ogni tanto adattiamoci al tempo dei nostri piccoli. Se stiamo un po’ avanti con l’età organizziamoci per trasmettere il nostro sapere. Regaliamo un complimento alle persone che incontriamo. Ama la tua città. La pazienza è una forma di amore (Banana Yoshimoto).

Dello stesso autore Vivere con lentezza (Orme- 2008)

Libri Contigiani lentezza

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A cura di Cinzia Ficco