“Il buon mangiare”: il libro di Renato Collodoro

Renato Collodoro ha da poco pubblicato il suo secondo libro, dal titolo “Il buon mangiare”. Il libro, stampato su carta paglia, una carta alimentare, è il risultato di un percorso scaturito dalla trentennale esperienza dell’autore nel mondo della ristorazione, per mezzo del quale la vita e il cibo sono strettamente collegati tra loro. E’ particolarmente consigliato a tutti coloro che desiderano “andare e vedere oltre, che non si accontentano degli stereotipi e che vogliono vivere e non sopravvivere, con gusto, coscienza di sé e voglia di relazionarsi e condividere”.

Renato, raccontaci qualcosa sul tuo nuovo libro “Il buon mangiare”. Di cosa tratta?

Questo libro è un percorso affettivo che nasce dalla mia trentennale esperienza di relazione stretta tra il mangiare e coloro che ne usufruiscono nell’ambito della mia attività di ristoratore. Per cui, scrivendo di cose di mangiare, mi sono accorto di scrivere anche di cose di vita. L’intreccio è troppo stretto per non trovare continuamente riferimenti che richiamino all’uno o all’altra. Coerentemente con l’argomento, il libro è stampato sulla carta paglia, la carta alimentare per eccellenza. Il solo guardarla e accarezzarla suscita emozioni molto evocative. Non è raro, infatti, che qualcuno l’abbia anche mangiata, addentando qualche prelibatezza all’uscita di una friggitoria. Non per niente è definita carta alimentare, per cui, se non si eccede, non fa male.

il buon mangiare, collodoro

Come e quando è nata l’idea di realizzare questo secondo libro?

Qualcuno che l’ha letto dice che si sente l’esigenza, quasi l’urgenza di dire qualcosa su un tema che si conosce profondamente. La mia idea è senz’altro quella di entrare in relazione con il lettore oltre gli schemi convenzionali; l’esigenza invece è quella di smitizzare e disilludere sull’idea corrente che gravita attorno al mondo del cibo e della ristorazione, “nutrita” dalla finzione televisiva. Sull’argomento mi affido alle parole che Bruno Gambarotta ha speso per la prefazione del libro: Renato Collodoro ha il coraggio della semplicità, rimette l’arte della cucina con i piedi per terra, costringendoci a ripensare i principi fondamentali e le basi del lavoro dietro i fornelli. In un universo mediatico dove il cibo, più che mangiato è parlato, e il vino, più che bevuto, è chiacchierato, Collodoro fa come il bambino della fiaba di Andersen ed esclama: “Il re è nudo”. Afferma infatti ad inizio di libro: “Cosa ci vuole per cucinare un buon piatto? Affetto, gli devi voler bene”. Tutto qui, ma è tantissimo e il resto deriva di conseguenza.

Com’è strutturato?

I capitoli sono in parte costituiti dagli ingredienti primari, quali il pane, l’olio, il vino, il sale, l’acqua; poi ci sono dei piatti come la pasta, la pizza e il risotto, che vengono raccontati per ciò che rappresentano nella nostra cultura; c’è il mangiare di strada e il rito del pranzo festivo, ma anche il cioccolato e il caffè; un pezzo forte è il viaggio tra i banchi del mercato di Porta Palazzo, rappresentato in particolare per la ricchezza delle ‘diversità’ multitutto che riesce ad esprimere. Un altro capitolo racconta, senza fronzoli e mitizzazioni, cos’è la cucina di un ristorante durante la sua ‘normale’ attività, ed un altro come può essere vissuto e interpretato il concetto di Servizio, accompagnato, non a caso, da un capitolo su uno dei migliori ingredienti del servizio e della nostra vita: il sorriso.

Non è il solito libro di ricette, infatti preferisci raccontarle partendo da cosa le fa nascere alle sensazioni che producono. Perché questa scelta?

Infatti per le ricette non aspettatevi nulla che abbia a che fare con dosi e procedimenti con tanto di ‘Q.B.’, io preferisco raccontarle partendo da cosa le fa nascere per arrivare alle sensazioni che producono. Non prediligo un approccio tecnicistico con la cucina, tanto meno con la vita. Preferisco suscitare un interesse, dare uno spunto, poi ognuno ci metterà del suo e la mia ricetta diventa anche quella di un altro. D’altronde la cucina autentica, quella popolare/casalinga non quella dei ristoranti che è di recente concezione, nasce, si sviluppa e prolifica da una generazione all’altra, proprio attraverso il racconto.

Il ricavato del libro contribuirà alla realizzazione di un progetto di solidarietà. Di cosa si tratta?

Nel mio libro racconto, attraverso diverse sfaccettature, il senso e il valore del Buon Mangiare. Che è Gusto, Cultura, Relazione e, non ultimo, Risorsa economica. Anche se per qualcuno, nel mondo, non è niente di tutto ciò, perché soffre ancora della mancanza di un bene primario quale è l’acqua. Perciò il ricavato del libro è destinato alla realizzazione di pozzi d’acqua in Etiopia, così come già succede dal 2009, con le cene che organizzo nei miei ristoranti, con il cui incasso sosteniamo una piccola associazione con cui sono andato sul posto a verificare la bontà del progetto e inaugurare dei nuovi pozzi. Ti assicuro che il mio non vuole essere un atto di bontà ma di coerenza. Detto in parole povere, non mi piaceva l’idea di parlare di tanto ben di Dio, quando c’è ancora chi da mangiare ne ha poco o niente. Così mi son detto, va bene parlarne, ma per chiudere il cerchio sull’argomento occorre affrontare anche questo aspetto. In questi casi le parole servono a poco, bisogna passare ai fatti. Ci vuole un gesto veramente reale. Anche se so benissimo che può essere una goccia nel mare. Sono un sognatore, non un ingenuo.

il buon mangiare, collodoro

Dove è acquistabile?

Si può acquistare sul sito www.buonmangiare.net, pagandolo con carta di credito o bonifico bancario e riceverlo a casa senza spese di spedizione. Mi occupo personalmente della ricezione degli ordini e della spedizione, per cui garantisco tutta la procedura. Inoltre si può trovare su Amazon e Ibs o ordinarlo in ogni libreria.

Che riscontro sta ottenendo?

Il riscontro sta andando ben oltre i miei auspici. Sia attraverso le presentazioni sia attraverso la lettura del libro ciò che scaturisce è l’INCONTRO autentico, personale e umano che genera. Nel mio lavoro di ristoratore (lo dice l’origine della parola stessa: ristorare) ho sempre cercato di fare stare bene le persone, la stessa cosa ho cercato di fare anche attraverso il libro e sembra che ci stia riuscendo.

A chi lo consiglieresti?

A tutte le persone che vogliono andare e vedere oltre, che non si accontentano degli stereotipi e che vogliono vivere e non sopravvivere, con gusto, coscienza di sé e voglia di relazionarsi e condividere. Immaginiamo un bel tavolo imbandito di tante buone cose dove si gusta, si chiacchiera, con il piacere di incontrarsi e si condivide anche l’idea di aiutare insieme qualcun altro che ha bisogno della nostra vicinanza.

Questo tuo nuovo libro segue “Il sogno di aprire un ristorante…e di non chiuderlo prima di svegliarsi”. Qual era l’argomento?

Un argomento sempre attuale: la differenza tra un sogno e un’illusione, che può trasformarsi in incubo. In tanti anni che svolgo questo lavoro, ho sempre avuto la percezione che molte persone ne avessero un’idea molto superficiale e banalizzata. Penso sempre ai commenti calcistici del lunedì dopo le partite della domenica, sono tutti “mister” con le soluzioni migliori per la partita successiva. Finchè volano parole, rimaniamo nell’innocuo folklore, ma se si passa ai fatti, come spesso succede tra chi si improvvisa nel mondo della ristorazione, sono dolori e tanti. Detto questo, non è impossibile cimentarsi. Se l’ha fatto una persona come me, a cui era stato sconsigliato questo tipo di lavoro, vuol dire che lo possono fare anche altri. Quindi, dopo i primi capitoli dissuasivi, racconto gli aspetti più edificanti ma impegnativi per affrontare questa “impresa”, perché di questo si tratta, con coscienza ed umiltà. E dato che d’impresa si tratta, togli la parola ristorante e metti qualsiasi altra cosa, perché in fin dei conti i concetti non cambiano, quindi lo possono leggere tutti, anche chi vuole aprire un centro per la pedicure o una toeletta per cani e gatti (non insieme però), se non altro perché io scrivo con uno stile ironico e leggero, per cui può capitare che ci scappi anche qualche sorriso. Questo libro lo si può trovare sempre sullo stesso sito: www.buonmangiare.net.

il buon mangiare, collodoro

Da imprenditore nel campo della ristorazione, pensi che l’Italia possa offrire ancora qualcosa in più rispetto all’estero?

Più che l’Italia, gli italiani hanno tanto da offrire all’estero e soprattutto all’Italia, che ne ha tanta necessità in questo momento. Ma bisogna sognare veramente e crederci. Occorre prendere coscienza dei nostri talenti, piccoli o grandi che siano, tutti ce li abbiamo, e creare strade nuove, non pretendere di percorrere delle comode autostrade, incazzandosi solo per il costo della benzina e del biglietto al casello. Se non possiamo andare in macchina, camminiamo o andiamo in bicicletta, ma andiamo avanti. Da sempre siamo un popolo abituato a cascare in piedi e ce l’abbiamo sempre fatta a superare i momenti difficili, anche peggiori di questo. In Italia e all’estero, non ha importanza dove, quello che conta è quello che siamo: un popolo intriso di “Grande Bellezza”, ma che spesso disconosce o banalmente la dà per scontata.

Da cosa nasce questa tua passione per il cibo e per il buon mangiare?

Non ho una passione per quello che è, ma per ciò che rappresenta ed è questo quello che ho cercato di raccontare. Sono convinto che noi riusciamo a fare la differenza non per quello che facciamo, ma per come lo facciamo. Quindi non dobbiamo pensare di continuare ad acquisire nozioni o competenze, come il pensiero corrente induce a fare, ma dobbiamo impegnarci principalmente ad umanizzarci, il resto viene di conseguenza…

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Il primo progetto è sempre quello di rendere straordinario l’ordinario, ma vivendolo ordinariamente, senza eccessi che provocano ansie. Un bella, piena e gustosa normalità.

www.buonmangiare.net

 

A cura di Nicole Cascione