Generazione Zero: un nuovo stile di vita improntato al minimalismo

Come è ricca questa terra di piccole cose buone, perfette, ben riuscite”

F. Nietzsche

Meno vestiti, meno scarpe, meno suppellettili, meno libri, cd, dvd, meno di tutto. Meno superfluo, per concentrarsi sull’essenziale e scoprire le vie della felicità. Si chiama Generazione Zero e promette di veicolare un nuovo stile di vita, improntato al minimalismo.

Il fenomeno, sbocciato  sulle due sponde dell’Atlantico, tra New York e Londra, sta contagiando il resto dell’Occidente. E comincia a far discutere.  Slogan dei suoi seguaci é: “Less is more”. “Meno è più”. Sottrarre per aggiungere.

Alleggerirsi per liberarsi. E zero è il numero di cose, oggetti, bagagli, di cui gli adepti aspirano a circondare la propria esistenza. Utopistico? Forse. Intanto, l’obiettivo è incoraggiare a disfarsi dell’inutile.

Dai buddisti ai beatniks, in altre epoche si è giunti alle stesse conclusioni. L’aspetto nuovo è che il trend attuale mette insieme persone di idee politiche, condizioni economiche, provenienza sociale completamente diverse. Tre gli elementi in comune. Uno è l’età, anagrafica o comportamentale: è più facile vivere con poco bagaglio, se non si hanno figli, oppure se i figli si sono sistemati.

E’ una scelta da giovani, o “giovanile”.  Un altro fattore è la tecnologia. Personal computer, telefonini intelligenti, iPad, consentono di eliminare libri, cd, dvd, o meglio di averli sempre con sé in formato digitale. Terzo aspetto,  la mobilità. Avere poche cose consente di spostarsi in modo più rapido. Cambiare casa, lavoro, città, nazione è meno stressante, se si viaggia con un bagaglio leggero.

Ma quante possibilità ci sono che la nuova filosofia si affermi anche in Italia?

Ne abbiamo parlato con Francesca Rigotti, filosofa e saggista, docente presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera Italiana (Lugano),  che ha di recente pubblicato “Partorire con il corpo e con la mente” -creatività, filosofia, maternità- Bollati Boringhieri e che sulla necessità di tornare a vivere in modo semplice aveva dedicato un saggio qualche mese fa.

Francesca Rigotti generazione zero

Il suo lavoro si intitolava “La decosificazione del mondo”Ma qual è la sua teoria?

Ho pubblicato un saggio con tale bizzarro titolo nell’aprile di quest’anno sulla rivista filosofica Paradosso di Padova.  Sostengo che la de-cosificazione è un processo ambivalente, come tanta parte della nostra realtà di oggi e di sempre.

Perché?

Da una parte non siamo mai stati circondati da così tanti oggetti e cose come oggi, in una società che ci ha trasformati da cittadini in consumatori, da viaggiatori e pazienti in, esplicitamente e brutalmente detto, clienti. Dall’altra, assistiamo alla scomparsa delle cose dal mondo, la «decosificazione», appunto, in virtù della loro sostituzione con l’immagine, il segno, il simulacro. Persino il nostro desiderio si è spostato dalla durezza delle cose alla impalpabilità delle relazioni e delle informazioni. Pensiamo soltanto a come sono cambiati i regali che riceviamo e facciamo.

In che senso?

Sempre meno oggetti e sempre più viaggi, corsi di lingue, sedute in palestra. Su questa tendenza ha scritto osservazioni acute il filosofo dei media Vilém Flusser, di cui consiglio la lettura.

Ma si tratta solo di una moda, di un fenomeno passeggero o si può arrivare davvero a vivere per sempre con molto meno?

La domanda concerne l’aspetto del consumo, dello spreco, del superfluo, che ci circondano: se sarà una moda a estinguerli, sia benvenuta, anche perché piano piano porterà magari a capire che i cumuli di immondizia che soffocano alcune città sono sì un modo per arricchire la camorra, ma anche un segnale dello spreco e dell’eccesso di cose.

Generazione Zero generazione zero

Di cosa dovremmo disfarci subito e senza pentirci?

Disfiamoci pure e subito senza rimorsi dell’overdose di jeans, scarpe e maglioni, vecchi CD e nuove macchinette del caffè altamente inquinanti. Un caffè, una capsula, ma siamo matti? Ma chi smaltirà tutte quelle capsulette, George Clooney? Proviamoci, con la raccolta differenziata e  altre idee sagaci e divertenti.

Tipo?

Scambiandosi i vestiti tra amiche, possibilmente della stessa taglia. Si evita di comprarne di nuovi. No?

Lei ha sempre invitato a guardare con più attenzione alle piccole cose della vita quotidiana. Ha scritto di forbici, sapone, brocche, scope. E ha spesso detto che si sente come un pittore di nature morte, non come uno di battaglie.  In un suo libro ha scritto: “Guardo al mondo domestico e anonimo come soggetto reale della storia, come trama e tela indispensabile su cui si dipana  l’azione straordinaria o l’evento trascendente, il fragore dell’epico”. 

Questo potrebbe essere il percorso giusto per arrivare ad una “Generazione Zero” in Italia?

E’ vero, ho intitolato Less is more il primo paragrafo del primo capitolo di La filosofia delle piccole cose (Interlinea Novara 2004) uno dei libri miei che amo di più, e Piccolo è bello un altro paragrafo dello stesso libro. Vi ho tessuto un elogio delle «piccole cose» contrapposte alle grandi: grandi opere, grandi dighe, grandi ponti, grandi uomini (!), grandi torri, torri ancora più grandi, grandi guerre, grandi errori, e ancor più grandi orrori. Che incubo, che megalomania. In realtà, se una «generazione zero» ha da esserci, mi piacerebbe che delle poche cose di cui si circonda fosse consapevole e ne apprezzasse la bellezza, la concisione, la pulizia, E ancor più mi piacerebbe che compisse un percorso di rivalutazione del poco e del piccolo, smettendo di sbatterli sempre ai margini della sfera del tanto e del grande, del pubblico, del virile, dell’economico, del politico.

Forse da noi servirebbe una rivoluzione culturale ancora tanto lontana? Ma a chi toccherebbe fare il primo passo?

La rivoluzione culturale c’è già, è iniziata da tempo, da quando i media, a partire dalla macchina fotografica alla metà dell’800, si sono frapposti tra l’occhio umano e il mondo. Come spiega Vilém Flusser, la modernità rifugge sempre più dalle cose alle loro mediazioni, verso ciò che sta in mezzo. Tra l’uomo e il mondo si frappongono sempre più apparati che rendono la realtà mediatizzata, mentre la realtà immediata come materia, materialità e resistenza diventa sempre più inesperibile.

Generazione Zero

Torniamo alla Generazione Zero. Serge Latouche ha teorizzato la decrescita serena. Ci muoviamo nello stesso solco, non è vero? Ma tali teorie non rischiano di sembrare utopistiche?Criticano, destrutturano, ma di concreto e di immediata realizzazione cosa propongono?

I progetti di Latouche mi sembrano in realtà assai concreti e diretti nella medesima direzione, in nome però di una consapevole scelta politica, di quelle che danno fastidio a tutti. E, comunque, alla fine sono i fatti che vanno verso la riduzione degli oggetti nell’oggetto unico da infilare in valigia.

Che è?

Il computer.

Le donne sarebbero più brave degli uomini a liberarsi dell’inutile?

Più efficiente nel mettere ordine e liberarsi dell’inutile, è chi gestisce la casa e la sua economia, maschio o femmina che sia. Questo è un sapere che si acquisisce soltanto esercitandolo, non c’è nulla di innato o naturale.

Generazione Zero: è quella di chi ha avuto troppo e si è stufato dell’eccesso, e dunque, in modo consequenziale reagisce a quella dei genitori, che, forse, hanno patito un po’ di più per avere qualcosa?

Generazione zero: una manciata di noia per l’eccesso, un pizzico di reazione ai genitori e alla loro ansia di cura delle cose, ma soprattutto, in dosi massicce, tanto uso del computer e di internet, da non poterne più fare a meno. La valigia è utile, sì, ma perché, oltre che qualche capo di abbigliamento e di igiene ci posso mettere il PC: è quella la lampada di Aladino, il gonnellino di Eta Beta, la Wunderkammer della nostra vita. L’oggetto unico di cui parlavo prima e in cui stanno dentro tutti i libri, i cd, i dvd, le informazioni,  l’agenda e i giornali, il telefono e l’elenco del telefono, la televisione e la radio, e persino gli amici! Poi è ovvio che serva poco altro da mettere in valigia, succede anche a me. Che faccia già parte anch’io della «generazione zero»?

cambiare vita

Pensa che chi rinuncia all’inutile sia anche più acquiescente verso i propri diritti? O fa una distinzione?

Lei parla di rinuncia al bene «inutile», ma è proprio questo il punto che tocca la questione dei diritti!  Chi decide che cosa è utile e/o inutile? Non è o dovrebbe essere nostro diritto poterlo fare liberamente senza essere soffocati e condizionati dalla pubblicità? Ma è proprio dai suoi diktat e dai suoi adescamenti che i giovani sono più dipendenti. Facciamo una prova: vogliamo tirar fuori i nostri borsellini e mettere sul tavolo e confrontare il numero delle nostre tesserine fedeltà? Io ne ho due. Lei? Un ventenne?

Intervista di Cinzia Ficco

 

Francesca Rigotti, filosofa e saggista, ha insegnato nelle Università di Göttingen, Princeton e Zurigo ed è attualmente docente presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università della Svizzera Italiana (Lugano). Tra le sue pubblicazioni più recenti, Partorire con il corpo e con la mente. Creatività, filosofia, maternità (Bollati Boringhieri 2010); Gola. La passione dell’ingordigia, (il Mulino 2008), Il pensiero delle cose (Apogeo 2007, premio Capalbio Filosofia 2008 ), Il pensiero pendolare (il Mulino 2006), La filosofia delle piccole cose (Interlinea 2004), Il filo del pensiero (il Mulino 2002, Premio di Filosofia Viaggio a Siracusa 2003). I suoi libri sono tradotti in coreano, sloveno, spagnolo, serbo-croato, tedesco, turco, greco e ungherese.