Il vero lusso è fare ciò che vuoi, quando vuoi

Fare ciò che vuoi quando vuoi. E’ il lusso, bellezza!

Almeno per Thierry Paquot, filosofo e professore universitario, nato nel ’52 a Saint Denis che, di recente, ha pubblicato Elogio del lusso”- ovvero l’utilità dell’inutile, con l’editore Castelvecchi. Un libro spiazzante, in cui l’autore, che in passato ha scritto anche L’arte della Siesta, riabilita il lusso. Sì, ma quello che per lui è sinonimo di armonia.

Elogio al lusso

“Il lusso -scrive a pagina 113- per come lo intendo io, richiede non soltanto un’approfondita conoscenza di se stessi (da qui il ricorrere con regolarità all’otium), ma anche il dominio di sé, in modo che possiamo continuare a provare “desiderio, ovvero che possiamo rimanere nella suspense, o in uno stato di sospensione, e dunque evitare quell’atteggiamento invidioso, geloso, insoddisfatto che adotta invece colui che desidera sempre ciò che non otterrà mai. Ecco questo equilibrio squilibrato ai miei occhi rievoca il lusso: una tensione (il desiderio), un’intenzione (l’attesa) e un’attenzione (il piacere). Questo ciclo gaudente ininterrotto, che si ripete ancora e ancora, appaga colui e colei che lo ricerca e non si fonda per forza sul circuito monetarizzato dei beni e dei servizi. Da questo punto di vista si pone al di fuori del mercato”.

Come si vede il libro non è un elogio della società dei consumi, dell’accumulazione di gadget e status symbol inutili. L’industria ufficiale del lusso genera centinaia di migliaia di posti di lavoro, e raggiunge milioni di consumatori, e quello che un tempo riguardava una ristretta élite – vestiti, profumi, tecnologie- oggi interessa le masse. La nuova frontiera non sta dunque in beni materiali costosi, ma in tre parole che rimandano a uno stile di vita autentico e ritrovato: Tempo, Spaziosità, Silenzio. Se possiamo scegliere come usare il tempo, come qualità e non solo come quantità, nel divertimento o al lavoro, quello è il lusso. Se riusciamo a stare in ambienti che ci comunicano un senso di spaziosità , e se possiamo permetterci un po’ di pace e di silenzio, allora vuol dire che abbiamo fatto un passo avanti nelle nostre vite. Insomma, lusso come possibilità di svincolarsi dalle ferree leggi della società dei consumi che considera lussuosi solo certi beni materiali. “La nostra società- scrive ancora- deve riconsiderare la questione del lusso e del lussare di più le nostre esistenze, renderle più euforiche. Un rinnovamento del lusso sarebbe salutare per modificare le modalità del lusso”.

Ma cosa intende il pensatore? Semplice, per lui è arrivato il momento di “rendere onore a tre valori decisivi nella realizzazione del piacere di vivere: appunto, il tempo, il silenzio e l’immensità. Tre valori che invece vengono più che mai bistrattati e che formano la tre punte della stella del lusso, il cui splendore è offuscato dal mercato globale, dalla banalizzazione mondializzata dei prodotti di consumo e della maggioranza di servizi e dall’indifferenza che caratterizza il faccia a faccia con l’Altro (socialità selettiva, urbanesimo discriminante, effetto club, raggruppamenti comunitari e identitari che garantiscono una maggiore sicurezza).

Vediamoli nel dettaglio.

Tempo. Occorre essere nel tempo (e non avere del tempo per questo e quest’altro) in modo da abituarsi ai propri ritmi e seguire il proprio umore, la propria disponibilità, le proprie aspettative, è un lusso. Silenzio. Il lusso in questo caso è apertura a se stessi e agli altri, è pausa e riposo, si fa ascolto e preghiera. “Si dice che il silenzio è d’oro- scrive- non è forse questa la dimostrazione della sua appartenenza alla sfera del lusso?”

Infine, l’immensità. Termine frequente fra le righe di Baudelaire e piuttosto raro negli scritti contemporanei, questa parola esprime una certa dismisura, un eccesso di spazio, il contrario di tutto ciò che è stretto, confinato, promiscuo, rinchiuso. “L’immensità- secondo Paquot- annuncia l’orizzonte, l’infinito, il largo, la partenza, il rinnovamento, il mondo inesplorato e semplicemente ascoltato, non visto e poi, ovviamente, la possibilità di stare da soli. Rifiuta invece il principio che vuole un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto. L’immensità spiazza, smonta, ricompone. Rifiuta la pianificazione (l’agenda senza tempi morti, il menu completo, il programma no-stop, la sovrappopolazione, il tumulto, lo spreco imposto e aspira al vuoto, al margine, al parziale, al provvisorio, alla sorpresa, alla fluidità”.

Insomma, il lusso come distinzione basata sul denaro sembra finito: il lusso come distinzione basata su scelte di vita autonome, consapevoli, felici è il futuro. La proposta di questo libro è una nuova filosofia della cura di sé, che è la frontiera più ambita: ritrovare noi stessi, interiormente ed esteriormente, è un lusso che possiamo e dobbiamo permetterci. Più che uno Chanel numero 5, una penna Montblanc, una camicia Pierre Cardin, un Rolex, un foulard Hermès, una valigia Vuitton, una crociera ai Caraibi, un loft a New York.

Per comprendere meglio il messaggio del filosofo, poche righe estratte dal libro: “Vivere bene è un’arte. Il lusso è sapere che gli artisti siamo noi”.

Cinzia Ficco