Cambiare vita a 40 anni

Guardare indietro rende possibile andare avanti, perché il guardare indietro ravviva la fantasia dell’archetipo del fanciullo, fons set origo, il quale è sia il momento dell’inerme debolezza, sia il dischiudersi futuro. Rinascimento (rinascita) sarebbe una parola priva di significato senza l’implicita dissoluzione, la morte stessa da cui quella rinascita proviene”.

Ricorre al James Hillman di Saggio su Pan lo psicanalista milanese, Jacopo Valli, per spiegare cosa spinge i suoi pazienti a chiedere il suo aiuto. In genere si tratta di liberi professionisti, impegnati nei settori marketing e comunicazione che, assorbiti da un lavoro stressante, sono vittime di continui attacchi di panico. O soffrono di insonnia.

Ma ci sono anche dipendenti pubblici stanchi di un lavoro routinizzato, poco consapevoli di essere caduti in depressione, che hanno perso ogni impulso creativo. E la cura, in questi casi, consiste nel far comprendere che il malessere può diventare un’occasione di rinascita.

Un momento per riprendere il filo spezzato con la parte più profonda di se stessi e riconoscere i desideri repressi. Insomma, per cambiare.

cambiare vita

Eh, sì, perché nella maggior parte dei casi i pazienti del quarantenne psicoterapeuta psicosomatista, di matrice junghiana, sono persone nevrotiche, che mal sopportano i condizionamenti, i freni imposti al lavoro o nella vita privata. E che, quindi, si sentono imprigionati in ruoli lontani dalle proprie inclinazioni. “Lo stesso attacco di panico- spiega  l’esperto in malattie psicosomatiche- non è altro che un desiderio inconscio di morte, che porta in modo fisiologico ad una nuova vita. In questo senso il cambiamento è simile ad una fine di tipo iniziatico, che deve ravvivare un’energia in via di esaurimento.

Ovvio, per arrivare a questo obiettivo, è necessario sfrondare i rami secchi”. E Valli, che dalla malattia è passato prima di trasformare la sua vita, guida i pazienti nel loro percorso doloroso, ma graduale. “Alla fine- spiega- avranno trovato il loro equilibrio, che sarà sempre dinamico. Perché essere equilibrati significa diventare modulari, capaci di cambiare tante volte.

Flessibili. E accettare le trasformazioni, tutte quelle che verranno nel corso della vita dopo un licenziamento, un lutto, un abbandono, con coraggio e motivazione”.

Per Valli, dunque, “occorre sempre capire sè stessi e il proprio ruolo nel mondo, ascoltarsi incessantemente ogni giorno, per essere coerenti nel profondo e trovare all’interno la forza necessaria ad affrontare i condizionamenti esterni.

In questo senso, è bene rifiutare almeno in parte il ruolo che ci e` stato assegnato, per non soffocare del tutto l’impulso alla crescita che permette di diventare individui”. E la malattia può essere una benedizione, perché costringe l’individuo a guardarsi dentro per guarire in modo definitivo e cambiare i propri comportamenti.

“Io lo capisco- spiega- non è semplice. Per anni sono rimasto bloccato in casa per una colite psicosomatica, che non ho più da quando ho cambiato lavoro e  intrapreso un cammino interiore”. Cambiare oltre gli ‘anta’ , fa sapere l’esperto, si può , anzi si deve. “Inutile- aggiunge- far finta di niente, continuare per la propria strada anche quando segnali inequivocabili suggeriscono che e` giunto il momento di virare.

A un certo punto della propria vita e` fisiologico dare una svolta. O così dovrebbe essere”. Riesce più facile crederci se a sostenerlo e` Carl Gustav Jung, il padre fondatore della psicologia analitica contemporanea. Per lui il cambiamento e` un evento in qualche modo ineluttabile, un’evoluzione, che fa parte del destino degli uomini.

E` nel DNA, appartiene a tutti e rappresenta la spinta all’evoluzione. “Quindi- dice lo psicanalista- viene facile pensare che, se la spinta al cambiamento e` radicata nella testa e nell’anima di ogni individuo, trasformarsi è un processo naturale. E, invece no, il cambiamento il più delle volte fa paura a chi deve affrontarlo, una paura tremenda. Destabilizza chi lo vive, rompe gli schemi di vecchie abitudini, disancora.

Chiunque abbia attuato cambiamenti profondi nella propria vita, specie in età avanzata, in forma più o meno forte ha provato queste sensazioni di squilibrio”.

Ma cosa può accadere nella testa di una persona che si accorge in qualche modo della necessità di ritoccare un po’ la propria esistenza? 

Quella persona percepisce – replica Valli- che la qualità della sua vita e` pessima e comincia a capire di non essere serena. Oppure il  suo fisico si ammala più o meno gravemente”. E allora, è bene intervenire subito.

“Se la paura prevale sulle spinte al cambiamento – aggiunge- si rimane fermi. Le conseguenze possono essere varie: o ci si ammala e il malessere interiore si somatizza o ci si intristisce, si perde interesse verso la propria vita, ci si spegne.

Non tirar fuori le altre voci della nostra personalità fa impoverire la qualità della vita. Il cambiamento e` un arricchimento, perché ‘io sono anche altro’, secondo quello che Hillman chiamava il politeismo dell’anima.

Dentro di noi ci sono molte parti che desiderano esprimersi”. Ma come?  L’energia per alimentare il cambiamento deriva dalla libido, intesa come energia creativa, alla quale possiamo attingere attraverso un percorso analitico di consapevolezza, che scoprirà le parti in ombra di noi stessi. Liberando le energie bloccate, avremo la carica per affrontare la vita di tutti i giorni.

“Oggi- continua Valli- il malessere e` molto diffuso. La  società occidentale é malata. Scambia la patologia per normalità.

In che senso?  Non avere più orari di lavoro, avere poco tempo per sé , gli amici, i figli e la famiglia provoca insoddisfazione emotiva, relazionale e affettiva. Inoltre  la nostra struttura economico-sociale occidentale contrasta il cambiamento, lo ostacola, come sostiene il filosofo e scrittore Zygmunt Bauman”.

Nella società in cui viviamo ognuno ha un ruolo fisso, che spesso rimane tale.

E la cultura italiana? “Ah, guardi- dice sorridendo- noi siamo i più mammoni. Assistenzialisti. Quelli che con più difficoltà accettano il cambiamento, un licenziamento, la cassaintegrazione.

Ma se un’azienda ha delle perdite non può continuare a rimanere aperta. Deve riconvertirsi, così come devono reinventarsi gli operai che vengono sbattuti fuori.

Mi rendo conto che per chi ha famiglia essere cacciato, perdere il lavoro, è un dramma. Ma in quel caso l’unica salvezza è accettare il cambiamento. Fare un percorso interiore, ritrovare la propria creatività repressa e rinnovarsi. Sarà una conquista più grande.

E il mio consiglio va anche a chi un lavoro continua  a mantenerlo, ma lo considera mediocre ed insoddisfacente”. Importante è anche avere un capo dotato di intelligenza emotiva, ma non sempre questo è possibile.

Allora, occorrerà fare da soli. Un consiglio? Valli riprende Jung e dice: “dare alla società” nei primi quarant’anni. Quindi adattarsi all’ambiente e magari formare una famiglia. Nella seconda parte della vita, il compito di ognuno deve essere la ricerca di un’identità nascosta.

Certo, bisogna fare i conti con il precariato, la crisi economica. Ma non c’è altra scelta. In questo percorso, secondo Valli, le donne sarebbero più avvantaggiate, poiché sanno che esistono cicli da rispettare. Regole fisse da riconoscere e affrontare, da cui non farsi intrappolare.

Dunque, se la paura inchioda, non resta che Jung. Le fiabe, il simbolismo e l’esoterismo l’esoterismo aiuteranno. Proporranno vite alternative. E garantiranno quella che in termini tecnici si chiama restituzione di se stessi. Almeno si sarà fatto un passo verso il nuovo!

Lo psicanalista, intanto, fa sapere che alla prima seduta si può accedere gratuitamente via skype.

www.jacopovalli.com

Cinzia Ficco