Inseguendo Bob Dylan: viaggi tra musica e passione

Ci sono viaggi in cui ci si imbatte per caso, a volte in sala ristoro sul luogo di lavoro, complice un caffè quasi al termine, mentre un altro inizia. Per rompere il ghiaccio si parla del più e del meno, per cortesia e perché nessuno è a proprio agio nel dividere in silenzio uno spazio angusto con chi conosce appena.

Talvolta si inizia una conversazione minima, di quelle che si possono seguire facilmente senza interrompere il flusso dei pensieri.

  • Tutto bene? –
  • Sì bene
  • Buon week-end?
  • Sì grazie
  • Qualcosa di interessante? –

Breve pausa.

Un concerto di Bob Dylan

L’indicazione lasciata lì per caso non è di quelle che stupisce, certo fornisce un’indicazione per capire chi ho di fronte.

Soffermo lo sguardo sull’uomo che aspetta il caffè, nel territorio anagrafico sfumato tra i quaranta portati in affanno e i cinquanta portati bene – probabilmente nel mezzo – manager della società, aspetto serio, non particolarmente loquace, mai scontroso, sempre cortese.

Non l’avrei detto appassionato di rock, ammesso che ciò possa dar luogo a tratti fisici distintivi, ed ignoravo che Bob Dylan avesse in programma dei concerti in Italia.

– Bello –

Un lieve commento, sembra di circostanza appena sfugge dalle labbra. Mi guardo appena la punta delle scarpe.

Sì, ognuno dei tre concerti a modo suo

Alzo lo sguardo, mascherando una leggera sorpresa e qui intuisco che l’uomo in sala ristoro è un ascoltatore seriale. Qualche caffè più tardi confesserà un ascolto compulsivo, pur limitato nel tempo, della Traviata. Inconsueto, ma a suo modo vitale, da esploratore delle armonie.

A me non capita. Quando entro in sintonia con un brano divento come i ponti di ferro e acciaio che iniziano a danzare per l’assonanza innescata a volte da un suono banale come il fischio di un treno, trasformandosi in serpenti irrequieti e staccandosi dalle campate.

La mia assonanza è a tempo, dura al massimo una trentina di ascolti, anche questi seriali, poi il brano non mi dice più nulla. Per questo preferisco che la musica mi piaccia solo un po’, per poterne godere nel tempo.

Bob Dylan

Tre concerti in un week-end sono insoliti, ma possibili per gli ascoltatori seriali.

  • Dove?-
  • Chicago

A questo punto sorge il dubbio che si tratti di una spacconata, anche se la persona che ho davanti non avrebbe motivo di inventare storie di prima mattina alla macchinetta del caffè con chi conosce appena.

Guarda distrattamente oltre il vetro della sala ristoro e istintivamente seguo lo sguardo. Si vedono alte piante di mais con il fusto ancora verde che sfuma nel giallo delle barbe secche che avvolgono strette le pannocchie.

Piante fitte e allineate, come un prato della terra dei ciclopi, in contrasto con i capannoni industriali grigiastri. Il fazzoletto di terra che abbiamo davanti non vuole arrendersi alla periferia industriale, alla spola dei camion, ai depositi all’aperto di legname da trasformare, alle ruspe color arancio che scavano nuove strade.

– E’ stato in ferie negli Stati Uniti? –

  • In realtà un week-end lungo, il tempo di andare, ascoltare i concerti e rientrare –

E’ rilassato nel parlare, a proprio agio, racconta divertito di come abbia affidato il trolley ad una hostess sconosciuta all’entrata dell’auditorium, mentre insieme ad un caro amico che condivide la passione per la musica di Bob Dylan cercava di recuperare il tempo perso nel traffico.

  • Interessante –

Concludo vagamente con un sorriso che solleva appena gli angoli della bocca. Non so bene come alimentare la conversazione.

Ho quasi finito il caffè, ricambio con qualche dettaglio del mio week-end in attesa di sentire il suono secco dei bicchieri di plastica che raggiungono altri contenitori vuoti nel cestino, segnale che dopo un sorriso e un saluto si può tornare ciascuno alle proprie occupazioni.

Mi cede il passo, usciamo dalla sala ristoro, dopo pochi metri i nostri percorsi si separano.

Alla scrivania ripenso al week-end lampo in America, il pensiero ogni tanto ritorna, gira tra i fogli scarabocchiati di appunti, lasciando spazio alla sola idea che si possa solcare i mari, attraversare i deserti, mettersi migliaia di chilometri alle spalle spinti da pura passione.

In un mattino grigiastro della settimana successiva, raccolgo per intero il racconto.

Parla di viaggi e sentimenti, persone e armonie e quello che potrebbe sembrare un capriccio geografico è in realtà una visione appassionata della propria relazione con uno speciale tipo di musica che rappresenta l’ossatura emotiva della propria esistenza.

cambio vita

I concerti di Bob Dylan ascoltati a partire dalla fine dell’adolescenza sono molti più di tre, circa ottanta, girando in lungo e largo l’Europa, a partire dal primo, indimenticabile, in Italia.

I grandi viaggiatori del passato che hanno alimentato l’immaginario dei propri contemporanei di viaggi esotici e perseguiti in maniera infaticabile, erano mossi dalla finalità apparente di conoscere terre nuove, meglio se inesplorate e promettenti ricchezze inconsuete.

Il motore dell’esperienza era però il viaggio in sé, il movimento, perché la passione è inconciliabile con la sensazione di appagamento, il tepore della sazietà.

 

Allo stesso modo, i luoghi geografici che hanno ospitato i concerti di Bob Dylan sono stati solo una circostanza, certo piacevole e varia, ma alla fine dei contenitori.

Scatole cinesi in cui la più grande è un Paese che non hai ancora visitato, poi una città che puoi imparare a conoscere, una sala concerti migliore o peggiore di altre e il contenuto è l’uomo sul palco, con cappellaccio e chitarra.

A prima vista potrebbe sembrare una forma di collezionismo, con la differenza sostanziale che il collezionista oltre ad accumulare oggetti che nutrono la propria passione, può ammirarli quando desidera, toccarli, organizzarli nello spazio, gestirne una dimensione fisica.

Un concerto è invece un cerino acceso, intenso, luminoso, e quando la musica sconfina nella passione la memoria deve essere alimentata da un nuovo concerto, con la certezza che, nel caso di Bob Dylan saranno ognuno un’esperienza molto diversa dalle altre e che le occasioni, per anagrafe, sono sempre più limitate.

La memoria della musica, esattamente come i ricordi, è fatta di sentimenti.

Il racconto raccolto al mattino apre anche uno spiraglio su un microcosmo fatto di persone entusiasticamente mobili, in lungo e largo per il mondo, al seguito di un autore e musicista in grado di generare una passione senza eguali.

Non è semplice affrontare il tema delle passioni, la scoperta della loro positività è recente, mentre nel passato, soprattutto se percepite come eccessi, si tendeva a relegarle nel confine tra vita e follia.

Per molto tempo hanno suscitano una leggera diffidenza, come se chi ne è affetto fosse preda di una mancanza temporanea di controllo prossimo alla malattia. Forse per questo, specularmente, chi è preda di una vera passione, non ne parla facilmente.

Piero Paci nel 2007 aveva novant’anni e non era appassionato di musica. Per essere precisi la musica che amava era quella soffiata dal vento tra le rocce o il suono secco dei ganci d’acciaio di sicurezza e che a novant’anni lo ha accompagnato nella scalata del Gran Sasso.

Ancora passione a prima vista non comprensibile, ai limiti dell’eccesso e – in questo caso per età – del rischio ingiustificati.

Quello che rende le passioni preziose, non è solo l’energia e la vitalità che sono in grado di generare, spesso sorprendenti, ma la capacità di mostrarci come siamo realmente. Provocano un corto-circuito in un luogo inarrivabile dell’anima dove non c’è altro modo di approdare e in cui risiede l’essenza più autentica di ciascuno, quella che poi si stempera nelle scelte quotidiane, molte di mediazione.

Una cosa spesso però trascuriamo di fare: provare ad entrare in contatto senza pregiudizi con le passioni altrui, non necessariamente condividerle, ma immaginare di sentirsi come la persona che ci è davanti e i cui occhi si illuminano in un racconto.

Passioni come simulatori di volo, non sono per noi autentiche, ma ci forniscono la sensazione di come potrebbe essere il nostro mondo se ci emozionassimo per cose diverse da quelle che popolano la nostra esistenza. Il resto possiamo immaginarlo attraverso le emozioni e le parole di un altro, come fossimo dotati di sensori cibernetici che ci fanno indossare panni che normalmente non sceglieremmo. E che potremmo trovare comodi.

Provare a comprendere le passioni altrui può essere una bellissima esperienza di viaggio.

Paola Giannelli

giannelli.paola@gmail.com