Il fenomeno del turismo medico

Funziona così: sbarchi nel paese prescelto per la tua vacanza e ad attenderti c’è un auto per portarti al tuo albergo. Anzi no, in clinica.

Perché quella da te prescelta è la “vacanza medicale”: il turismo medico è l’ultima frontiera del turismo e pratica ormai diffusissima in molti paesi esotici. Per la verità gli antesignani si trovano proprio a due passi da noi, nella nostra Europa.

Già negli anni ’80 attrici e personaggi famosi si recavano in Romania a fare abbondante uso di “Gerovital” per combattere l’invecchiamento e sognare l’elisir della giovinezza.

Oggi, sempre in Europa, la Romania è stata abbondantemente surclassata dalla Polonia: fino a pochi anni fa i medici di questa nazione, appena laureati, si recavano in Inghilterra o in altre nazioni occidentali per specializzarsi e fare fortuna. Ora è l’inverso.

Turisti inglesi, tedeschi, ma anche italiani sbarcano per godersi le bellezze di Cracovia, di Danzica o di Varsavia e infilano nella vacanza una giornata per recarsi dal dentista: protesi dentarie, mastoplastica additiva e corone di porcellana costano il 70% in meno rispetto a quanto pagherebbero nella propria nazione.

Turismo Medico

Ma il vero business del turismo medicale è appannaggio dei paesi esotici. Qui c’è il vero e proprio pacchetto turistico che puoi prenotare, anziché in agenzia, presso operatori specializzati in turismo sanitario come “l’International Medical Gateways”.

Mettiamo la Thailandia. La vacanza rimane vacanza e il pacchetto può includere tutte le tappe di un normale itinerario turistico; solo che per qualche giorno o solo qualche ora (dipende dalle tue necessità)  ti è stato prenotato anche un ospedale che, del resto, rassomiglia ad un albergo a cinque stelle.

Un check up? Si parte dai 150 euro in su, per arrivare ad uno screening completo per le donne che costa 400 euro. Ad esempio, nel “Bumrungrad International Hospital” di Bangkok lavorano più di 600 medici formati nelle migliori università, il personale parla più di 17 lingue e la struttura accoglie quasi 400 mila pazienti stranieri all’anno.

Esami fisici, radiografie, esami del sangue, controllo del metabolismo, test cardiaci e le operazioni che ti necessitano,  sono realizzate con la massima professionalità e con le ultime attrezzature tecniche del mercato. Ad attestarlo non è solo il parere dei pazienti che hanno realizzato questa esperienza, ma un organismo internazionale – la Joint Commission International – che valuta la qualità dei servizi ospedalieri in base a norme rigorose.

E se Bangkok vi può intimorire a causa degli ultimi tragici avvenimenti politici, le stesse strutture cliniche le trovate nelle località turistiche del paese che non sono state per nulla toccate dai disordini sociali: nella turistica Phuket o nella frequentatissima Pattaya trovi gli stessi servizi sanitari a due passi da spiagge bellissime. E se proprio ti senti in forma e non hai bisogno di niente, puoi sempre prenotare solo una semplice pulizia di denti con relativo sbiancamento: ti costa appena 20 euro.

Turismo Medico

Ma quello che va per la maggiora è l’accoppiata “vacanza e chirurgia estetica” in paesi come la Tunisia, il Brasile, l’India, il Costarica, il Kenya.

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Anche in questo caso c’è un “tutto incluso” che prevede il viaggio in aereo, l’intervento e la convalescenza in un albergo superlussuoso a metà del prezzo di quanto si spenderebbe in Italia per il solo chirurgo. Con il vantaggio che, una volta dimessi dall’intervento al naso o al seno, si può far risanare lividi e cicatrici durante qualche escursione turistica e tornarsene in pista in Italia con il nuovo aspetto completamente rassodato.

Anche in questi casi, nessuna preoccupazione sulla qualità dell’intervento: in Tunisia, ad esempio, gli interventi sono eseguiti da chirurgi plastici specializzati in Francia; mentre in Kenya presso il Diani Beach Hotel di Mombasa i medici sono abituali frequentatori di congressi internazionali di specializzazione in chirurgia estetica.

Dunque, qualche punto di riferimento:

www.chirurgiaevacanze.com

www.ansamed.info/it

www.dianibeachhospital.com

www.bumrungrad.com

Fin qui il lato positivo. Ma sarebbe sbagliato non sottolineare gli aspetti negativi – sociali e persino morali – dell’altra faccia della medaglia.

La gran parte dei paesi che attraggono “turismo medicale” sono caratterizzati da forti diseguaglianze sociali che si traducono in una assistenza medica ridotta al minimo per la maggioranza della popolazione.

Nei paesi in via di sviluppo accedere ai servizi sanitari, anche essenziali, è difficile per l’esilità delle strutture ospedaliere pubbliche; ed ancora più difficile è continuare le cure mediche visto che, sebbene la visita medica sia semi gratuita, il costo delle medicine è a totale carico del paziente. In Africa, in Asia e in America Latina si continua a morire per malattie altrove facilmente curabili. Pone perciò dei problemi l’idea di uno sviluppo sanitario in questi paesi che assicura interventi di alta specializzazione a turisti stranieri, ma è insensibile ai bisogni della popolazione locale. Per non parlare poi dello sfruttamento della popolazione locale, piegata ai bisogni della ricca borghesia occidentale.

Un esempio?

Gli uteri in affitto che, attraverso la gravidanza con la fecondazione in vitro, vedono le donne del terzo mondo sfornare migliaia di bambini per le coppie senza figli dei paesi occidentali. Prendiamo l’India: questo paese ha legalizzato la maternità surrogata nel 2002 nell’ambito di un più ampio progetto per promuovere il turismo medico.

Oggi sono 350 le cliniche indiane specializzate nelle gravidanze surrogate che attirano centinaia di clienti occidentali. Alla donna indiana, che si presta a partorire un bambino per un’altra madre, andrà una cifra equivalente a quanto potrebbe guadagnare in molti anni di lavoro.

Ma quale somma potrà davvero compensarla per i nove mesi vissuti in un dormitorio al fine di preservare la salute del futuro neonato o compensarla del trauma psicologico di essere una mamma in batteria?

Dunque, turismo medicale si, ma a patto che sia esercitato da noi occidentali con un forte senso etico nei confronti del paese che ci ospita; e soprattutto a patto che i paesi che lo praticano, utilizzino le risorse acquisite per una più equa politica sanitaria nei confronti della popolazione locale.

Attilio Wanderlingh