Fulvio e la sua vita in Malesia

Da tre anni nella terra di Sandokan. Si chiama Fulvio, anche se in Malesia si è abituato ai nomi Fu, Mr Fu o Ah-Fu. Fu o Foo è un nome cinese. Dopo la laurea, ha  trascorso un periodo in Danimarca, rientrato in Italia, ci è  rimasto poco.

“Il caso e la coincidenza – dice da Kuala Lumpur dove vive, mi hanno spinto per la prima volta in Asia, qui in Malesia, e ho deciso di prolungare quest’esperienza, trasferendomi qui per un po’ di tempo, come punto di  partenza per rilanciare me stesso ed entrare in Asia da una porta tutto sommato comoda”.

Ma com’è questa terra?

Si parla facilmente inglese, la cultura è  relativamente occidentalizzata, quindi il gap culturale non è eccessivo.  Molti ragazzi che vivono qui hanno viaggiato in Europa. E’ facile stringere amicizie, intrattenere discorsi interessanti, conoscere persone curiose.

L’aspetto più particolare che l’ha colpita subito?

Senza dubbio questi lati sociali. Ho intravisto una possibilità di cambiare prospettiva. Sono convinto che per stare al mondo occorra un buon network di persone valide. Ho pensato che la Malesia potesse offrirmi questo più di altri Paesi asiatici.

Non è una terra che brilla  troppo per bellezze naturali, è eclissata in questo dalla vicina Thailandia o da alcune oasi indonesiane. Rimane un Paese multiculturale e secondo me può essere apprezzata almeno per questo motivo. Cioè, per la sua capacità di ‘introdurti’ in Asia forse meglio di un Paese monoculturale.

Quanto tempo fa ha visitato la Malesia per la prima volta?

Era il Natale 2008. Ci sono tornato l’anno successivo per un percorso più lungo in Asia. In  realtà, poi, il viaggio si è limitato alla Malesia e ad una piccola  parte dell’Indonesia. Quest’anno ci sono tornato e mi ci sono stabilito. Ho aperto il sito per aiutare altri italiani- qui o fuori – a conoscere il Paese, fare comunità e ad aiutarsi.

Mi descrive Kuala Lumpur, la capitale?

E’ una città inquinata, sporca, disorganizzata, con molto traffico. Poco verde pubblico. Sto valutando il caso di muovermi a Penang, un’isola a nord-ovest. Non è il massimo quanto a mare. Però, è sempre un’isola e mi piace il posto. Il mare migliore è a est, sul Mar Cinese. Lo stretto di Malacca, a ovest, è inquinato.

Ma perché ha scelto una città che al primo impatto non sembra molto accogliente?

Per me è più facile fare networking e stabilire  relazioni utili. Sotto questo aspetto la capitale regge senz’altro. Per il resto lascia un po’ a desiderare e dopo un po’ stufa.

Almeno gli abitanti sono simpatici? E come si vestono?

Sono simpatici. Si vestono come noi e non ci sarebbe bisogno di aggiungere molto. Beh, pensandoci bene, molti forse si vestono male. Ho notato che a Singapore hanno più gusto. Non è tanto una questione economica, quanto estetica.

Parlando di abiti, ho notato che in Malesia, ma credo un po’ ovunque in Asia, con dovute eccezioni, è difficile trovare abiti usati. E’ un concetto che non esiste e vestire un abito indossato da qualcun altro è un’idea che non piace. Ragion per cui, alcune mie amiche si lamentano di non trovare abiti vintage, per esempio. Le donne musulmane portano un velo chiamato tudung, ma non sono obbligate ad indossarlo. A volte capita di vedere qualche indiana o qualche malay in abiti tradizionali.

Cioè?

Vestiti lunghi, leggeri con motivi floreali o colori accesi, ma nella vita di tutti i giorni ci si veste in modo normale. In Asia contano tanto le apparenze, non  tutti vestono in modo informale e originale, non sono tanti a mettere gli shorts, i pantaloncini corti.

Hanno tradizioni particolari, usanze strane?

Più che tradizioni, forse piccole cose, in cui mi imbatto ogni giorno e che non finiscono mai di sorprendermi.

Tipo?

Il loro modo di parlare inglese, gli indiani che scuotono la testa mentre ti dicono ‘ok’, il dover passare i soldi con la mano destra, perché con la sinistra ci si pulisce il sedere, la cassiera musulmana al supermercato che si mette un guanto per passare sotto il lettore di codici a barre la pancetta di maiale confezionata sottovuoto.

E poi?

Il  fatto di trovar da mangiare sempre e ovunque, qualunque cosa, la loro ossessione per il cibo, le loro superstizioni religiose, le capigliature buffe di certi giovani e, in generale, alcuni esempi di ‘gusto’ asiatico, che lasciano sempre interdetti.

Com’è la cucina?

C’è molta varietà qui. Essendo un Paese multietnico, è possibile mangiare cucina malay, cinese, indiana, specialità di popolazioni del Borneo (isola).

A queste bisogna aggiungere le cucine del resto dell’Asia per  via delle comunità di expat e immigrati in Malesia, soprattutto a Kuala Lumpur. Poi, la cucina cinese e indiana si sono sviluppate in modo autonomo qui. E’ possibile trovare alcuni piatti  solo in questo posto, per cui ci sono ulteriori differenze di sapori. E, ancora, c’è un’innumerevole quantità di frutti tropicali ottimi e salutari.

Sembra che ci siano differenti qualità di caffè locali, che non sono male. Vero?

Sì, è vero. Per l’espresso occorre dotarsi di moka o macchina apposita, perché l’espresso è una cosa che abbiamo solo in Italia. E’ possibile mangiare italiano e anche bene, ma solo a Kuala Lumpur. Il discorso cibo è  identico a Singapore, anche se ritengo che, a parte il  cibo occidentale, migliore a Singapore, quello asiatico sia nettamente superiore in Malesia, forse cambia il modo di cucinare Non lo penso solo io, ma anche tanti malesi e singaporesi. C’è una comunità occidentale più consolidata a Singapore, quindi si trovano prodotti di importazione con maggiore facilità lì.

Cambiamo argomento. Che peso ha la religione nella vita di ogni giorno?

Come un po’ in tutta l’Asia, la religione ha molto peso. Nel senso che, dove non è religione, è superstizione e spesso le cose si sovrappongono. Pensandoci bene, in Occidente non è così diverso. Il Paese è multiculturale, per  cui, se giri un angolo trovi un tempio buddista, poi fai cento metri e hai davanti una  moschea, a due isolati c’è un tempio indù, magari nascosta dietro il palazzo trovi una chiesa pentecostale, eccetera. In questo senso ci sono molte feste nazionali: cristiane, indù, buddiste/cinesi. Ogni religione ha le  sue regole.

E quindi?

Se hai a che fare con un malay o un musulmano non puoi portarlo a mangiare in una strada cinese, dove il cibo non è halal. E non puoi presumere che beva alcol, anche se molti lo fanno. E’ meglio non offrire della vacca a un indiano indù. A volte molti di loro sono vegetariani. I cinesi forse sono quelli che hanno meno problemi di tutti con il cibo.

In che senso?

C’è un detto secondo il quale i cinesi mangiano qualunque cosa rivolga le spalle al sole. In ogni caso ci sono  innumerevoli regole di etichetta, non solo limitate al cibo.

Insomma, la religione condiziona la vita lì in Malesia!

L’islam é uno dei fattori che rende il futuro di questa terra più incerto. Mi spiego: non è il Medio Oriente, e  l’Islam in Asia è molto più soft.

Cosa vuole dire?

In Medio Oriente la società ha un’origine tribale, qui in Asia il perno è la comunità, il gruppo. Spesso per non turbare la comunità si evita lo scontro, specie su questioni che creano attrito, come quelle religiose. Ma questo ha generato una situazione tale, per cui i cittadini sono abituati ad abbassare il capo sempre e comunque.
Il problema è che il  governo e alcuni gruppi influenti hanno cercato negli ultimi 20-25 anni di  spingere oltremodo l’influenza dell’Islam nella società, perché ha  utilizzato la religione come strumento per avvantaggiare la parte di popolazione  malay. Loro sono ‘più uguali degli altri’, per dirla con Orwell.

Questo cosa comporta?

Tale  sovrapposizione ha creato dei rallentamenti nello sviluppo del Paese. Molti giovani si sono resi conto di questo e vorrebbero andare via.  Anche Tiziano Terzani, che visitò il Paese in due occasioni a distanza di lungo tempo, notò questo cambiamento e riportò alcune osservazioni nel suo libro “Un indovino mi disse”.

A Singapore questo problema non c’è: la maggioranza è cinese, il governo è secolare e il suo modello di sviluppo è risultato  migliore. Dal canto suo Singapore ha il limite di essere molto artificiale e asettica come città-stato,  un po’ forse a causa dell’estensione territoriale, un po’ forse per il tipo di governo che, comunque, è dispotico.

Facciamo una sintesi: lati positivi della vita in Malesia?

Fa caldo tutti i giorni ed è un’estate permanente, con dei periodi di pioggia che rinfrescano un po’ l’aria. E’ al centro del Sud Est Asiatico e vicini sono: Thailandia, Vietnam, Cina, Taiwan, Indonesia, India. Posso mangiare con poco quando voglio, senza dover cucinare per  forza in casa. E’ facile interagire con le persone,  crearsi amicizie, aspetti per nulla scontati in Asia.

Sì, ma a cosa si rinuncia?

La Malesia rimane pur sempre un Paese sotto-sviluppato: corruzione, pressappochismo, incompetenza, irresponsabilità, pochi  servizi di qualità, scarsa cultura, poco amore per l’arte, ipocrisia, negligenza, carenze, sono tutti lati negativi del Paese, che si manifestano prima o poi e che bisogna mettere in conto. Fare investimenti in Malesia non è molto vantaggioso.

Perché?

La Malesia è un po’ schiacciata da altri Paesi emergenti, come Indonesia, Thailandia, Vietnam e, per quanto riguarda l’industria manifatturiera, dalla Cina. Singapore è molto diversa, nel senso che dal punto di vista dei servizi, della pulizia, dell’ordine, è la Svizzera dell’Asia. Stanno anche meglio di noi.

Tuttavia è una città di plastica, molto asettica, innaturale, poco spontanea, rigida, frenetica, dove i soldi contano più di certi aspetti umani, per me fondamentali. L’ideale  sarebbe un equilibrio tra i due Paesi, ma non c’è.

Concludendo, direi  che si guadagna l’esperienza, impagabile, di vivere in un posto diverso,  lontano, con certe facilità che altri Paesi non offrono. Senza dubbio in  un futuro non lontano mi sposterò altrove, ma è soprattutto grazie alla Malesia che ho cominciato questo percorso.

Scuola e sanità funzionano?

L’istruzione pubblica c’è e funziona in modo accettabile, stando a quello che mi riferiscono amici con più esperienze.

Le scuole private ci sono e costano. Però, se si può, si mandano lì i figli. Qui i bimbi hanno una naturale propensione per il bi o trilinguismo, perché molti imparano il malay, l’inglese e poi la lingua del gruppo di appartenenza, per esempio il cinese (che di solito si accompagna ad almeno 1-2 dialetti oltre il mandarino).

La sanità viaggia su un doppio binario pubblico/privato. Molti cittadini sottoscrivono assicurazioni sanitarie private. A Singapore il sistema scolastico è anche superiore, la sanità e altri settori sono, comunque, più privatizzati che in Malesia.

La capitale è tranquilla?

Nel complesso l’estremo oriente e il sud est asiatico sono molto tranquilli. Ci sono posti in Italia dove mi sento molto, ma molto più insicuro a girare di notte e alcuni anche di giorno. Anche in Malesia, a Kuala Lumpur, come ovunque nel mondo esistono quartieri o zone meno sicure, ma il crimine violento è raro, al contrario magari di furti in appartamento.

Ci sono italiani?

Italiani ce ne sono. Ne stimo un numero compreso tra  2000 e 3000. Sono presenti più o meno stabilmente in Malesia e molti altri a Singapore, dove la comunità italiana è forse più robusta anche con la presenza di un centro  culturale, che invece manca a Kuala Lumpur. Gli italiani, purtroppo, non sono molto bravi a fare comunità.

Questo l’ho notato anche in altri Paesi, per cui questi dati non segnano una gran differenza. Ho creato il mio sito per offrire la possibilità di mettersi in contatto, proporre iniziative. Il sito è a disposizione di tutti, un posto virtuale per ritrovarsi.

Trasporti, strade, acqua potabile: cosa mi dice?

Occorre che l’acqua  sia filtrata o bollita, se di rubinetto, come  in tutta l’Asia meridionale e i Paesi tropicali in genere.

Ci si abitua. Le autostrade in Malesia non sono male, anche se sono a pedaggio come da noi e in termini relativi non sono troppo economiche. La viabilità di Kuala Lumpur è pessima. Le metropolitane ci sono, ma non coprono tutta la città. Esiste una rete di bus, accettabile. Viaggiare da una città all’altra in bus è molto comodo.

Gli autobus malesi sono i migliori, su cui abbia mai viaggiato, davvero. A Singapore, invece, il sistema dei trasporti è eccezionale e ti domandi perché lì tanta gente compri auto per ingolfare le strade  e i parcheggi. A Singapore l’auto non serve! E’ il rovescio della medaglia purtroppo, di chi ha  tanta ricchezza. Si finisce con l’essere ossessionati dal bisogno di consumare.

La vita è economica?

Solo in modo relativo. Nel senso che se tu hai in tasca euro o dollari, può esserlo. Per esempio, puoi mangiare fuori anche solo con due euro. Però, poi bisognerebbe fare un discorso qualità.

Cioè, cosa compri e cosa mangi con due euro?

Ho notato che se vuoi mangiare in maniera salutare e da leccarti i baffi qui devi spendere di più, diciamo non meno di quattro, cinque euro. E’ sempre più conveniente rispetto all’Europa. Con quella cifra in una tavola calda nel Belpaese ti compri a malapena un soft drink e paghi il coperto, che qui non esiste. Però, è quello il punto, cinque euro sono venti ringgit. Uno stipendio malese medio corrisponde a 1500-2000 ringgit per Kuala Lumpur. Le  fasce più povere guadagnano sui 1000 al mese, i più benestanti tra i 3000 e i 5000, massimo 10.000 per i dirigenti.

E questo cosa vuole dire?

Che 20 ringgit sono tanti, tanti quanti in Italia possono esserlo 15 euro, se guadagni uno stipendio normale in valuta locale. Se ti adatti a mangiare cibo di strada, puoi cavartela a Kuala Lumpur anche con meno di 10 ringgit per pasto fuori casa e in proporzione meno se vivi nel resto del Paese. Adattandosi si può fare , ma bisogna chiedersi se ne vale la pena o no. Quanto agli altri consumi, alcuni prodotti sono convenienti in Malesia, anche in termini assoluti, mentre altri sono cari.

Quali?

Parlo di telefonia, internet,  che costa più che in Italia, ma è molto più lento e automobili. Quelle di importazione sono molto tassate e i produttori nazionali godono di protezionismo che fa inflazionare i prezzi. Viaggiare costa senz’altro poco con una rete di autobus efficienti. Kuala Lumpur è la sede di Air Asia, una compagnia aerea low cost favolosa. A Singapore il costo della vita è più alto, ma non in  termini assoluti. Il mercato è più competitivo e il rapporto  qualità/prezzo di ciò che compri, secondo me, può essere più vantaggioso. In ogni caso a Singapore i fitti sono più elevati.

Consigli a chi voglia vivere in modo tranquillo, immerso nella natura e trovare un impiego?

Non  Kuala Lumpur, neanche Singapore. A me Penang piace molto, è un’isola tranquilla, ma con un certo numero di servizi e negozi, molti edifici coloniali, università, aeroporto. Se si cerca qualcosa di più naturalistico occorre andare in Borneo.

Se si cerca qualcosa di tranquillo, Malacca potrebbe essere perfetta. Per quanto riguarda il lavoro, per stranieri a Kuala Lumpur se ne può trovare, fuori Kuala Lumpur comincia a essere complicato, a meno che non vi facciate assumere da qualche ditta straniera e poi vi facciate spedire alla sede in Malesia. Comunque lavorare qui comporta un certo adattamento, perché gli stipendi sono bassi in termini assoluti rispetto ai paesi occidentali e non sempre vantaggiosi in termini relativi. Per esperienze e stili di vita indipendenti possono anche essere dettagli.

Ma certo non si può fare la vita che si fa in Italia con un lavoro da dipendente in Malesia, salvo se si occupano certe posizioni ben remunerate, idealmente stipendiati da multinazionali straniere. Per il resto settori della ristorazione, servizi e turismo tirano abbastanza. Lavori più qualificati potrebbero essere quelli nel ramo energetico e nell’ingegneria civile.

Singapore è congestionata, offre molte opportunità lavorative, vantaggiose probabilmente sotto il profilo economico e professionale. Rispetto alla Malesia può essere più comoda, forse troppo e la sua ‘artificialità’ rischia di dare un’idea di Asia molto distorta e limitata però.

Collegamenti con l’Italia?

Ci sono voli internazionali giornalieri. Air Asia ha messo anche un volo low cost Kuala-Lumpur-Londra e si possono trovare biglietti andata/ritorno a partire da 400-500 euro quando c’è un’offerta.  Altrimenti il prezzo si aggira  sui 600-700 euro.

Che futuro può esserci lì per una famiglia italiana?

Tutto dipende da cosa si cerca. Ho conosciuto tanti italiani qui che vivono con la moglie, i figli o che magari hanno sposato una persona locale. Non solo italiani, naturalmente. Alcuni sono entusiasti della scelta e vivono in maniera semplice, altri si sono resi conto che non è un  Paese ideale per far crescere dei bimbi qui e si sono spostati.

Non è il tipo di Paese che mentalmente associo ad un’immagine di famiglia. Mi verrebbe di farlo con la Scandinavia o la più vicina Australia, forse con Singapore, ma più in generale io sono una persona solitaria e probabilmente non metterei radici ovunque.

Quanto servirebbe per partire e cominciare in modo tranquillo in Malesia?

Molti, e spesso, mi chiedono tramite il mio sito, quali opportunità ci sono in Malesia, cosa è necessario, cosa si può fare qui.  Molti cercano di fare piani, stime, ma fanno tutto seduti su una scrivania e sognando la Malesia o l’Oriente, né più né meno che davanti a un romanzo di Salgari.

Il fatto è che nulla vale quanto un’esperienza diretta e, anzi, anche quella sarà inevitabilmente limitata. Dopo tutti i viaggi che ho fatto in Malesia e in giro per la Malesia ogni volta ho catturato impressioni diverse. Il discosro cambia se vi spostiate nel Paese X, perché questo, al contrario dell’Italia, vi dà la possibilità di realizzare la vostra passione o affermare le vostre capacità professionali. In caso contrario l’unica cosa da fare è girare tanto e cercare di trovare la propria dimensione o di crearsi nuovi stimoli per poi schiarire le idee, rilanciarsi, provare nuove strade.

Dico questo anche come stimolo per me stesso, ho ancora tanto da vedere.

Per finire, solo qualche altra differenza tra Malesia e Singapore?

La Malesia e Singapore sono come due cugini separati durante l’ infanzia. Hanno alcune cose in comune, per altri aspetti sono Paesi molto diversi.

E come due cugini si amano e si odiano. Incongruenze in entrambe le terre. In Asia il principio aristotelico di non contraddizione  non ha mai fatto scuola. Minigonne e velo fianco a fianco. Palazzi  moderni da fantascienza tirati a lustro e a fianco edifici  fatiscenti. E se chiedi perché sono lasciati in quelle condizioni, non è da escludere che ti rispondano “perché ci sono i fantasmi”.

Incapaci di  sviluppare un Welfare State, degno di questo nome. Però hanno il wifi che prende anche vicino ai cessi sull’autostrada. Gente laureata o in doppiopetto, ma che crede negli spiriti e prega i sassi.

Paesi, manco a  dirlo, con molte contraddizioni,  tanti lati positivi che saltano al naso facilmente, ma tanti lati negativi che scoprirete solo fermandovi a lungo. Però qui c’è vita, futuro e tanta gioventù. Non ci sono  equivalenti in Europa.

Intervista di Cinzia Ficco