Una nuova vita in Olanda

Perdere il lavoro al rientro della maternità, sentire il proprio contratto a tempo indeterminato minato dalla riforma dell’art.18 e la crisi finanziaria: una “bomba” che ha scosso Daniele Calarco. Era giugno del 2015, quando decise di telefonare a sua moglie per dirle che non era felice del suo lavoro e che avrebbe voluto licenziarsi. Dall’altro capo del filo una risposta inattesa: “Basta amore, facciamolo! Andiamo via, cambiamo vita, andiamo a prenderci i nostri sogni!”. Dove? In Olanda, la terra dei mulini a vento.

daniele calarco olanda

Daniele, quando e per quale motivo hai deciso di trasferirti definitivamente in Olanda insieme alla tua famiglia?

Il “quando” in questi casi assume una connotazione relativa. Ci siamo trasferiti nel novembre 2015, ma questa decisione ha molti altri “quando”. Il trasferimento è stato solamente la parte finale di un percorso partito anni prima. I “quando” sono stati figli dei tanti “perchè”. Quando hai dei figli guadagni dei “super poteri” che ti rendono diverso. Smetti di pensare all’oggi e ti proietti nel domani. Tutti i nostri “perchè” nascono da qui. Perchè continuare a vivere in un luogo che non si ritiene giusto per le nostre prospettive? Perchè continuare a sostenere dei ritmi di vita che non ci appartengono? Perchè continuare ad alimentare un sistema che si ritiene incapace di garantire equità, meritrocazia, giustizia e legalità? Perchè tentare di limitare i danni piuttosto di cercare di non averne? La nostra “giornata romana tipo” vedeva me e mia moglie, per esigenze lavorative, lontano dai nostri figli dalle 8 di mattina alle 8 di sera. Passavamo più tempo nel traffico che a casa. Spendevamo più soldi per manutenere le nostre due utilitarie che per fare la spesa. Oltretutto i nostri lavori non ci offrivano più stimoli. Il focus era quello di riuscire a tenersi il posto, non più quello di crescere. Ma anche se tutto ciò ci turbava, ci sono voluti alcuni eventi per decidere di passare dalla lucida rassegnazione alla vera e propria azione. Voglio dire che è relativamente facile dire di cambiare vita, ma incredibilmente difficile farlo sul serio. A noi è servita “la bomba”. Mia moglie ha perso il lavoro al rientro dalla sua seconda maternità e anche il mio contratto di lavoro “indeterminato” stava pericolosamente in bilico tra riforma dell’articolo 18 e la crisi finanziara. Quando mi sono reso oltrettutto conto che tutto l’impegno profuso nel mio lavoro, tutto il tempo sacrificato alla mia famiglia non sarebbe stato premiato, considerato, ma anzi denigrato seguendo delle logiche di valutazione a mio avviso non meritrocratiche, ma figlie di criteri degni dei peggiori “inciuci” tanto comuni in Italia, ho deciso di farla finita. Ho lasciato il mio lavoro, ho rifiutato la valutazione mediocre attribuitami da certe assurde dinamiche aziendali. Ho detto “NO”. Era giugno 2015, ho telefonato a mia moglie per dirle che non ero felice del mio lavoro e che mi sarei voluto licenziare, aspettandomi in cambio che mi chiedesse di non farlo. E invece arrivò un meraviglioso “Basta amore, facciamolo! Andiamo via, cambiamo vita, andiamo a prenderci i nostri sogni!”

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Di cosa ti occupavi in Italia?

Lavoravo nel settore delle telecomunicazioni. In una multinazionale leader del settore. Ero arrivato ad essere uno specialista tecnico, in grado anche di gestire progetti piuttosto complessi. La mia vita lavorativa era quasi priva di rapporti umani, non riferendomi ai colleghi ovviamente. Il mio laptop è stato per 15 anni il mio miglior amico e il mio peggior nemico.

Ed ora, invece, di cosa ti occupi?

Ora lavoro come cameriere e barman in una delle più grandi realtà alberghiere del mondo, a dieci minuti dal posto dove abito. Non parlo olandese, il mio inglese è ancora trabballante, ma finalmente ho pututo liberare il talento represso. Finalmente posso avere rapporti umani. Comunicare non telecomunicare, questo è il mio punto di forza. Finalmente sono apprezzato, considerato, premiato. Ho iniziato a giugno 2016. Dopo due mesi di lavoro, ho vinto il concorso come miglior dipendente del mese; dopo tre mesi sono stato scelto come referente di un progetto atto a migliorare la soddisfazione dei clienti. A dicembre sono arrivato molto vicino ad essere premiato come miglior dipendente dell’anno. Ora sto coordinando quattro diversi dipartimenti dell’hotel, al fine di far concretizzare 46 nuove idee per migliorare la qualità del servizio e del nostro lavoro. Sono felice! Mi sento tutelato da un sistema finalmente meritrocatico. Mi sento libero di esprimere il mio talento. Mi sento autorizzato a sognare.

Come hanno reagito i tuoi figli al trasferimento?

Iulia aveva otto anni, Alex due. Per Iulia è stata durissima lasciare le sue amichette, i suoi nonni, persino la sua “cameretta”. Essere catapultati in una realtà così diversa, credo sia stata la cosa più difficile che abbia mai affrontato. Ha combattuto una battaglia pazzesca e l’ha stravinta. In sei mesi ha imparato l’olandese e si è riuscita a inserire in un contesto sociale completamente diverso da quello italiano. Qui anche i bambini sono “meno caldi”, diversamente spontanei e spesso diffidenti. Nonostante ciò, ora è una delle leader della sua classe! Alex invece non ha subito traumi, almeno questo è quello che sembra. Per lui è normale prendere l’aereo per vedere i nonni. E’ normale che i bimbi all’asilo parlino una lingua, che a casa se ne parli un’altra e che spesso la Tv ne parli un’altra ancora. Da questo punto di vista sta avendo dei problemi. Parla una lingua tutta sua, ma siamo fiduciosi che presto riuscirà a discernere i contesti in cui usare la lingua giusta e avremo un bimbo presto poliglotta. Ci sono anche aspetti positivi che questo terremoto ci ha portato. Alex e Iulia, per esempio, hanno avuto un grande regalo da quest’avventura: i loro genitori. Grazie a differenti ritmi di lavoro e differenti turni, sostanzialmente o io o mia moglie siamo con i nostri figli. Sempre. Questa nostra nuova vita ci ha regalato tempo da passare con i nostri figli e le difficoltà passate ci hanno unito ancora di più. Siamo una squadra. Ora i super poteri li hanno anche i nostri bimbi.

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Mi hai detto che prima di stabilirvi, ne avete passate tante. Quali sono state le vostre difficoltà?

Ho passato i tre mesi più difficili della mia vita appena arrivato in Olanda. Non riuscivamo a trovare una casa in affitto e un lavoro. Fortunatamente potevamo contare sul supporto di due nostri Amici – di quelli VERI – già in loco. Senza la loro ospitalità e il loro supporto sarebbe stato impossibile gestire il nostro nuovo inizio. In quei tre mesi mi mancava la terra sotto i piedi. I nostri risparmi, senza lavoro, andavano via come l’acqua di un rubinetto lasciato aperto. Ho rischiato di cedere ad un paio di “Sirene” italiane per un eventuale ritorno in patria, sempre in un contesto lavorativo tecnico. Ho rischiato di mollare prima ancora di averci veramente provato. Per fortuna, ho una persona incredibile accanto a me. Mi ha saputo calmare, aiutare, mi ha fatto riflettere. Mi ha dato quella forza che pensavo di saper trovare in me. Dopo tante peripezie, abbiamo trovato entrambi lavoro ed un bellissimo appartamento. Lei ancora lavora nello stesso ufficio, io ho dovuto fare un po’ di gavetta. Ho iniziato come cameriere in una pizzeria italiana di Amsterdam e poi mi sono mosso verso la multinazionale in cui sono attualmente. Il consiglio che posso dare è piuttosto banale, ma è semplice e funziona: ”Non mollare mai, rimanere calmi e dare il massimo!” Ancora non è semplicissimo vivere lontano dai miei amici e dalla mia famiglia, ma l’idea di combattere per andarsi a prendere il proprio destino è vita.

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Hai aperto il blog: https://danielecalarco.blogspot.it/. Quando è nata l’idea di aprirlo? E quali sono gli argomenti trattati?

Il blog è nato dal mio diario. Quando si ha 15 anni si scrive un diario perchè ci si sente incompresi; quando ne hai 40 lo scrivi per comprendere. Ho visto che scrivere un diario di quello che stavo vivendo mi faceva stare meglio. Scrivere è da sempre la mia valvola di sfogo, e poi quando scrivo mi sento veramente me stesso. E’ come se i retaggi culturali, i pregiudizi, i “se”, i “ma” rimangano assopiti. Quando scrivo, è il mio io più puro ad esprimersi. Ho pensato che anche altre persone potessero trovarsi nella mia situazione e che mettere a nudo le mie esperienze, le mie emozioni e le mie debolezze potesse aiutare e aiutarmi. Il blog quindi parla di questa nostra avventura. Ci sono dei consigli pratici e delle considerazioni personali. Senza filtri. E’ in “differita” di circa sei mesi, perchè non riesco a scrivere a “comando”. Devo poter interiorizzare quello che mi capita, metabolizzarlo.

Quali differenze hai riscontrato tra il mondo del lavoro olandese e quello italiano?

In Olanda c’è semplicemente meritrocazia. Se sei bravo vieni premiato, altrimenti fai fatica persino ad essere contattato per un colloquio. Non sto dicendo che si debba essere un genio. Sto dicendo che si deve cercare di valorizzare uno specifico talento ed esprimerlo al meglio. Sono molto selettivi. Il concetto del “tuttofare” non esiste qui. Quindi non importa il prestigio del lavoro che cerchi, ma la qualità con cui sai farlo. Se sei bravo, se sei il migliore, qui vieni premiato. I ritmi lavorativi sono più “tranquilli”, ma rigidi. Non è concepibile arrivare in ritardo, anche di un minuto. Il lavoro a nero è quasi inesistente. Ho notato infine una notevole organizzazione nel lavoro giovanile. C’è infatti un sistema di stage tale per cui, ancora prima di finire qualsiasi scuola, è la scuola stessa che procura tirocini mirati agli alunni, al fine di armonizzare e velocizzare il passaggio scuola-lavoro.

Tornando ai tuoi figli, come stanno affrontando l’inserimento nel nuovo sistema scolastico olandese?

Mia figlia, come detto, si è dovuta conquistare il suo inserimento. Abbiamo deciso sin dall’inizio di inserirla direttamente nella scuola pubblica olandese, senza farla passare prima per un graduale inserimento nelle varie scuole internazionali presenti sul territorio. Abbiamo optato per uno “scontro frontale”, per evitarle di cambiare nuovamente scuola una volta pronta per quella olandese. All’inizio è stata dura, ma con il supporto della scuola stessa e con qualche ripetizione privata, Iulia ha vinto la sua battaglia. Ora si è integrata perfettamente e sta imparando persino l’inglese! Alex al momento va all’asilo e si sta integrando senza nessun problema. Il sistema scolastico olandese è strutturato in maniera totalmente differente da quello italiano. Si va a scuola dalle 8:30 alle 15:15 (il mercoledi 8:30-12:15), non ci sono compiti per casa, si studia sui tablet e tutto il materiale didattico è fornito dalla scuola stessa. Sembrerebbe il paradiso, ma io e mia moglie siamo piuttosto perplessi. Il programma didattico infatti, in comparazione a quello italiano, è incredibilmente scarno. Questo comporta meno pressione sui bambini, ma inevitabilmente ci sta lasciando perplessi. Non ho idea se si possa imputare alla scuola che mia figlia frequenta o sia invece un modello nazionale ben definito. Ci è stato presentato come un metodo “Montessori”: “si impara giocando”.

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In base alla tua esperienza quale consiglio daresti a coloro che vorrebbero intraprendere la tua stessa strada?

Motivazione. Ne serve veramente tanta. Organizzazione, pianificazione, informazione su dove si è deciso di andare. Meno variabili dovrete affrontare, meno stress gestirete. Cercate di approcciarvi alla lingua del Paese in cui vi trasferirete prima di muovervi e portate il vostro livello di inglese da “scolastico” almeno a “buono”. Cercate di avere un “appoggio” per iniziare. Amici o parenti. Difficilmente si riesce a trovare lavoro dall’Italia. Spesso i CV dei non residenti non vengono nemmeno letti. Qunidi, una volta arrivati, datevi da fare consegnando CV a mano, via web, entrate in gruppi facebook specifici e soprattutto create un profilo LinkedIn in lingua inglese. Non portate la vostra auto. Spesso la burocrazia da seguire è sfiancante e i costi per regolarizzarla sono proibitivi. Considerate che per cambiare vita servono molti soldi. Intorno ai 15 mila euro per una famiglia come la mia (trasloco, caparra affitto, documenti vari e affitto stesso se non trovate due lavori entro tre mesi)

Quali sono i vostri progetti futuri?

Mia moglie, pur avendo trovato un buon lavoro qui in Olanda, sta seguendo la sua passione. Si sta specializzando in realizzazioni di bellissime e buonissime torte “cake design” per celiaci. Quando si sentirà pronta, aprirà un punto vendita online. Per quanto mi riguarda, ho due progetti a breve termine. Rendere il mio inglese fluente ed acquisire uno skill lavorativo nel campo dell’ospitalità e della ristorazione tale da poter accedere a posizioni manageriali. Non so se per ottenere risultati considerevoli a livello di carriera dovrò compiere altri “jump” verso altri Paesi, ma non mi preoccupa più di tanto. Ora so come fare ad essere felice. Basta trovare il coraggio di credere in se stessi.

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A cura di Nicole Cascione