Studiare in Finlandia intercultura

“La mia famiglia adora viaggiare da sempre e per me è stato dunque inevitabile sviluppare fin da piccola la passione per il viaggio. Arrivata in terza superiore ho deciso che era arrivata l’ora di dare a me stessa e ai miei genitori la prova di essere diventata finalmente abbastanza grande per muovermi da sola, e quindi ho preso la decisione di passare un mese in un qualche paese straniero. Mio padre lavora alla Telecom, che aveva disponibili delle borse studio con Intercultura. Sono da un mese, tre mesi, o un anno. Ho scelto subito quella da un mese, che offriva come mete o la Finlandia o l’Irlanda, ma quest’ultima mi sembrava troppo vicina rispetto invece ad un paese nordico, che mi affascinava decisamente di più.

Prima di tutto ho dovuto fare un test attitudinale a Milano, che sono riuscita a superare, dopodiché mi hanno chiamato per chiedermi come andassi a scuola, perché la possibilità di essere rimandata avrebbe inciso, e ho dovuto portare dei documenti, per esempio il pagellino di metà semestre. Io in realtà ancora non sapevo se fossi stata accettata per la Finlandia o per l’Irlanda, perché durante il test si poteva segnare la propria preferenza per un paese, ma nessuno mi aveva più fatto sapere niente. Ho iniziato poi, con gli altri ragazzi che avevano superato il test, a fare riunioni specifiche per chi doveva partire per un mese, o tre, o un anno. Parlavamo di come dovessimo rapportarci con gli altri e con la nuova cultura che avremmo conosciuto. Verso la fine di queste riunioni abbiamo incontrato la coordinatrice che mi ha comunicato finalmente che sarei andata in Finlandia: ero al settimo cielo, e non mi spaventava nemmeno la consapevolezza che sarei stata catapultata in un paese di cui non conoscevo affatto la lingua, perché ci avevano detto, e l’ho potuto poi constatare di persona, che l’inglese lo conoscono molto bene. Perfino le persone anziane lo sanno parlare, mentre qua in Italia è una cosa più unica che rara. Là, a differenza nostra, puntano molto sull’apprendimento della lingua inglese, nonostante sia lo svedese la seconda lingua.

Mi hanno chiesto inoltre di compilare un fascicolo con foto mie e della mia famiglia, descrivermi, dire cosa mi piace fare, quali persone ammiro, eccetera. A giugno mi hanno inviato il fascicolo della famiglia che mi avrebbe ospitato, con le descrizioni dei componenti, le relative fotografie e gli indirizzi mail. Così ho iniziato a sentirmi con loro, a scambiare mail, anche per non arrivare là completamente impreparata.

Arrivò finalmente il 30 di Luglio, il momento di partire. Io non sapevo ancora con quali altri ragazzi di Intercultura avrei intrapreso il mio viaggio, e questo mi metteva un po’ di paura. Non sono una persona particolarmente espansiva, non sono quel tipo di ragazza che inizia a parlare con gli sconosciuti come se niente fosse, quindi il problema di doversi trovare di fronte ad altre persone completamente estranee mi spaventava un po’. I miei genitori, fatte le dovute raccomandazioni, mi hanno accompagnata dunque a Roma per prendere l’aereo, dopo che mi avevano già accompagnato a giugno per permettermi di ritirare la borsa di studio che avevo vinto. Ho passato la notte in un albergo assieme agli altri ragazzi che dovevano partire con Intercultura, e la mattina dopo abbiamo preso l’aereo, insieme ai nostri accompagnatori italiani. Arrivati là ci hanno accolto delle ragazze finlandesi che ci hanno portato in un albergo vicino all’aeroporto, dove abbiamo passato una notte, perché già il giorno dopo ci avrebbero raggiunto le famiglie. Abbiamo scoperto che assieme a noi italiani ci sarebbero stati anche dei ragazzi di Hong Kong, e quindi abbiamo iniziato subito ad usare l’inglese per comunicare. È stato molto utile e anche divertente, perché all’inizio proprio non riuscivamo a capire i loro nomi; erano nomi anche “occidentali”, del tipo Alan o Francis, ma pronunciati da loro erano decisamente incomprensibili!

Camilla Lozza intercultura

Durante la notte in albergo le guide hanno organizzato dei giochi di gruppo per permetterci di conoscerci meglio, e ci hanno insegnato le parole più comuni in finlandese. La mattina dopo sono arrivate le famiglie: eravamo tutti un po’ agitati, ovviamente, ma io per fortuna sono stata una delle prime ad andare.  La mia famiglia abitava a Kerava, una cittadina a una trentina di kilometri da Helsinki, ed era composta dai genitori, un bambino di 9 anni, uno di 14 e una ragazza di 19 che però vive da sola con il suo ragazzo. In Finlandia infatti a 18 anni sei già indipendente e vai a vivere da solo, una cosa che qua è più o meno impensabile. Inoltre loro studiavano all’università, e questo gli permetteva di ottenere molti aiuti economici dallo stato. I soldi devono essere restituiti una volta finiti gli studi, ma nel frattempo almeno ti danno la possibilità di mantenerti.

Dunque i genitori mi hanno portata nella loro casa, che ho trovato davvero particolare. In Finlandia le case e i quartieri sono diversi dai nostri. Prima di tutto non hanno le recinzioni, il giardino davanti e dietro è in stile americano, e per di più dietro la nostra casa c’era il bosco! Ed è infatti il paesaggio una delle cose che mi ha colpito di più. Sono partita da Roma vedendo, mentre mi alzavo in volo, i campi coltivati e gli edifici della città, mentre sono arrivata in Finlandia dove c’erano solo macchie enormi di verde, e moltissimi laghi. All’inizio ero un po’ impacciata, ovviamente. Ci sono tante piccole cose tipiche del loro stile di vita che hanno dovuto chiarirmi. Per esempio, loro in casa vanno in giro a piedi nudi, ed è dunque tassativo togliersi le scarpe appena si entra in casa. Inoltre avevano la sauna, che in Finlandia è comunissima. Praticamente ce n’è una in tutte le case, e come noi abbiamo le piscine pubbliche, loro hanno le saune pubbliche. Ci sono perfino nei condomini ed essendo comunitarie ogni appartamento ha il suo turno! Loro ovviamente la fanno nudi e non hanno nessun problema. Io invece mi sentivo troppo a disagio, e l’ho sempre fatta col costume. Noi italiani tenderemmo a guardarci.. non in faccia, diciamo, ma per loro è una cosa perfettamente naturale, hanno un rapporto più che mai rilassato con il proprio corpo e la nudità.

Studiare in Finlandia intercultura

La prima settimana la si doveva passare in famiglia, e la mia mi ha portata subito a conoscere i nonni, dai quali siamo rimasti per metà settimana. Vivevano in una casetta vicino ad un lago e dunque durante il nostro soggiorno mi hanno portato a pescare e mi hanno anche insegnato a remare! Ma nonostante questo, non sono riuscita a godermi i giorni passati dai nonni. Una cosa risaputa è quanto sia alto il tasso di suicidi: una volta che hai vissuto in Finlandia, capisci il motivo. Hanno case sperdute nel più disarmante nulla, ci sono immense distese di verde e qualche casetta ogni tanto. Magari ci si abitua, ma quando si è da soli, è terribile. Una volta là, ci ho dovuto fare i conti. La prima settimana passata dai nonni fu un disastro, forse perché ero appena arrivata da una realtà, la mia, costellata di cose come il computer, il telefono, le passeggiate con le amiche.. eravamo completamente fuori dal mondo, e non vedevo l’ora di tornare a Kerava, in mezzo alla civiltà, alle persone. La casa era davvero in mezzo al nulla, non sapevo come passare il tempo, anche perché prima di partire ci avevano detto di non portare il nostro pc o di non stare sempre attaccati al computer della nostra famiglia nel caso ce l’avesse, e quindi ho sempre cercato di usufruirne il meno possibile. Insomma, ero stata scaraventata da una realtà in cui avevo il mondo intorno, ad un posto in cui non avevo nulla. Mi sono trovata in difficoltà, cosa per la quale mi sono pentita moltissimo una volta tornata a casa in Italia, perché mi potevo godere quella situazione così diversa, quell’opportunità fantastica di vivere in mezzo alla natura, e invece l’ho sprecata. Ma d’altronde ero troppo impreparata ad una condizione del genere.

A partire dalla seconda settimana ho iniziato a frequentare la scuola, ad Helsinki. Prendevo il treno tutte le mattine, dopo una non indifferente biciclettata dalla casa della mia famiglia fino alla stazione! Dopodiché prendevo il tram. Inutile elogiare la sorprendente puntualità dei mezzi pubblici!

Helsinki è molto moderna e piena di giovani, mi è piaciuta tanto, anche se è carissima. Appena sono arrivata ho pensato subito di essere a casa mia per quanto è accogliente e calda. La piazza principale, per esempio, il giorno del mercato si riempie di bancarelle di ogni tipo fino a perdita d’occhio, e si possono trovare le cose più diverse e particolari. Da punto di vista storico-artistico non c’è molto, ma d’altra parte è piena di edifici nuovissimi, e di ragazzi. L’unico problema è che nei pub e nei locali non puoi entrare se hai meno di 18 anni, e non puoi comprare alcolici e sigarette se ne hai meno di 21.

Andavo a scuola solo la mattina. Eravamo divisi in classi, ma non secondo criteri specifici, non per “bravura”, e io ero in classe con altri italiani e i ragazzi di Hong Kong. L’insegnante durante le lezioni ci parlava di Helsinki, ci faceva fare lavori di gruppo e dialoghi tra di noi, quindi le stesse cose che si fanno di solito durante i viaggi-studio. Mangiavo alla mensa della scuola, che in fondo non era malissimo, e finivo le lezioni alle 3. Il resto del pomeriggio lo trascorrevo visitando Helsinki, così che finivo per tornare a casa tutte le sere alle 8. Ero molto indipendente. I finlandesi generalmente mangiano alle 6 e mezza, e verso le 8 invece fanno una sorta di spuntino prima di andare a letto, quindi io praticamente arrivavo per lo spuntino! Ma nessuno mi ha mai detto nulla, avevo i miei orari e potevo fare quello che volevo.

Studiare in Finlandia intercultura

Ho notato che mangiano molta verdura, soprattutto insalata, ma scondita. Usano l’olio con il contagocce! Infatti per Natale l’anno dopo gli ho mandato su una bella bottiglia di olio pugliese! Più che altro sono soliti condire con le salse e lo yogurt. A colazione invece mangiano il porridge! A me piaceva davvero tantissimo, anche perché lo cucinavano con uno speciale tipo di marmellata che qua non abbiamo, e finivo per mangiarlo a colazione e anche dopo cena! La sera mi lasciavano libera di fare quello che volevo, ma quando uscivo non c’era anima viva, perché ero abbastanza lontana dal centro di Kerava, e non mi sono mai avventurata con autobus di cui non conoscevo orari e percorsi. A volte mi spostavo con il treno: una sera sono andata in un’altra cittadina, dove abitava una mia amica, e non ero la sola a farlo, perché la rete ferroviaria è piuttosto fitta ed efficiente, e quindi è il modo più comodo per spostarsi. Qualche volta mi è capitato di fare delle piacevolissime scampagnate nella natura. Il bambino più piccolo conosceva molto bene il bosco dietro casa, e mi ha accompagnata in numerose passeggiate.. ho trovato un’infinità di more, mirtilli e lamponi! Erano dovunque!

Facendo un bilancio, potrei dire di voler vivere in Finlandia. Tutti parlano inglese benissimo, comunicare non è un problema, e non è fondato lo stereotipo secondo il quale nei paesi nordici le persone sono più fredde. Dipende molto. Per esempio, il padre della mia famiglia ospitante era di sicuro freddo e distaccato, ma la madre invece era sempre gioviale e sorridente, decisamente gentile e disponibile.

I finlandesi sono molto più civili rispetto a noi: lo si vede anche solo camminando per le vie della città, perché per le strade non si trova una sola carta per terra. Il paesaggio poi è molto differente, ci sono immense distese di boschi di betulle e pini, e grandi laghi. C’è verde ovunque, anche nelle città più grandi, potrei dire che è rilassante. Senza contare che mi piace moltissimo anche il loro cibo, cosa che può suonare nuova, pronunciata da un’italiana! Il loro formaggio è davvero buono, e per di più ho avuto la possibilità di assaggiare piatti come l’alce e la renna! Mi sono piaciute moltissimo! Volendo al ristorante si possono anche avere le bistecche d’orso. Il mio entusiasmo forse è anche dovuto al fatto che il viaggio è stato incredibilmente utile perché ero finalmente indipendente. Se in Italia sono sempre stata legata in tutto e per tutto ai miei genitori, in Finlandia ho imparato a cavarmela da sola, anche perché lì, come ho già detto, il rapporto con i figli è diverso. È stata anche una bella sfida con me stessa: là sono tutti puntualissimi, mentre io sono perennemente in ritardo. Il fatto di essere ospite e dovermi quindi comportare più responsabilmente e in modo più che mai rispettoso, mi ha spronata a migliorare questo aspetto della mia personalità.

E poi, intendiamoci, i ragazzi finlandesi sono la fine del mondo!”

A cura di Giulia Rinchetti